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Intervento di don Paolo Zago
 CONVEGNO “AQUILE RANDAGIE”
Collegio Pio X 5 aprile 2008

Premessa: Non sono di tradizione Scout, anche se il ministero mi ha portato a incontrare e a vivere questa avventura come assistente, prima nell’AGESCI (campo assistenti a Colico e Val Codera), e poi con l’FSE.

Come educatore e pastore questa esperienza mi ha appassionato e mi sta confermando sulla validità di questo metodo anche la storia delle AR.

Provo molto sinteticamente, quasi per titoli, a proporre alcuni aspetti che secondo me diventano importanti per il cammino di ogni ragazzo e giovane cristiano.

1. Un primo aspetto che mi ha colpito nella storia delle AR è che questi scout hanno vissuto il momento difficile della clandestinità non lavorando “contro” qualcuno, ma PER difendere i valori in cui credevano e lo hanno fatto rischiando la vita (il diritto dei giovani ad essere educati a vivere uno spirito di gioia e di giustizia).
E mi sembra qui di vedere anche la pedagogia di Gesù che pur prendendo la distanza da alcune situazioni, salva sempre la persona, non va mai contro l’uomo.
Quanto diversa, invece, è la situazione di oggi dove si è portati ad andare sempre contro qualcuno o qualcosa.
Significativa è l’esperienza dell’OSCAR che nell’ultima fase della sua vita ha avuto come scopo quello di sottrarre fascisti e tedeschi alla vendetta dei vincitori.
Vivere, lavorare, lottare PER e non CONTRO.

2. Un altro aspetto che emerge dalla storia delle AR è questo.
In un tempo in cui viene esaltato lo spirito individualistico anche a livello di incontro con il Signore (lo voglio a mia misura, come piace a me, lasciando da parte aspetti che mi fanno problema…) c’è stato da parte delle AR una profonda scelta ecclesiale. Nonostante lo scioglimento dello scoutismo per volere del Papa le AR non hanno cessato di sentirsi chiesa, comunità operante al suo servizio, pur senza il carisma del riconoscimento.
Attenzione per educare oggi ad un cammino di fede che non è costruito sulla mia persona, ma che io ricevo come dono da vivere comunitariamente, anche se questo mi chiede impegno e fatica, mi costringe a mettermi in questione. Il Dio del Cristianesimo non è quello che ci “costruiamo”, ma è quello che ci viene consegnato dalla Chiesa.

3. Un altro aspetto che mi sembra fondamentale a livello educativo che fa parte del metodo, ma che è stato vissuto profondamente dalle AR è quello della fatica e della sofferenza, mai vissute con rassegnazione, ma con assoluta fiducia e speranza nella provvidenza.
E’ il mistero della Croce e della risurrezione, non imparato dal catechismo, ma vissuto concretamente.
E’ un po’ quello che manca oggi: i nostri giovani sono privati del “diritto” di fare questa esperienza. Stiamo tentando di evitare loro qualsiasi sofferenza o fatica. Ma in questo modo li priviamo di una esperienza fondamentale anche nel cammino di fede.
Ben venga allora chi ci propone la fatica e la sofferenza non fine a se stesse ma come occasione per arrivare ad una meta: incontrare il Signore.

4. Nel vangelo di domani si legge che i discepoli hanno riconosciuto il Signore nello “spezzare il pane”: un gesto che egli ha compiuto più volte nella sua vita, nell’attenzione e nella condivisione delle sofferenze della gente.
Oggi noi cristiani siamo chiamati a rendere presente Gesù nel nostro impegno serio, quotidiano, nella condivisione.
“Vissero più in alto della maggior parte dei giovani non compiendo delle azioni clamorose, ma realizzando con grandezza di animo le azioni più ordinarie” (Le Aquile Randagie). Pensiamo anche alla BA.
E’ questa la strada che ci porta a riconoscere il Signore vicino a noi e che ci aiuta a condurre a Cristo chi ci è affidato.

5. Il tutto con uno “spirito gioioso”: gioia di aver incontrato il Signore, gioia di poter condividere l’esperienza con gli altri, gioia per scoprire che chi mi è vicino non è un nemico ma un dono.

6. E infine, una forte umanità. Basti pensare all’idea di poter accompagnare il ragazzo sulla strada della vita e
- fissare con lui un traguardo
- tener conto del punto di partenza
- accompagnarlo soprattutto nei momenti difficili in cui si intravvedono pochi segni positivi.
Il tutto perché si vive un profondo rispetto per l’altro, per le sue doti e per le sue debolezze, per il suo cammino a volte lento, con una proposta adeguata al suo passo, senza “allunghi” che lo stroncherebbero. E’ necessario per fare questo non confondere mai il punto di partenza con il punto di arrivo.

Concludendo.
Mi sembra di poter dire che in un mondo con diverse dittature, l’esperienza delle AR può aprire i nostri cuori alla speranza e all’ottimismo perché ci offre antidoti efficaci:
- amicizia autentica
- spirito di avventura e sacrificio
- attaccamento ai valori dell’uomo (lealtà, libertà, fratellanza…)
- profondo cammino di fede
 

FACCIAMO TESORO DI QUESTA PREZIOSA LEZIONE DI VITA!