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<<Intervista a Checco

 

 

 

 

 

Annotazioni criticheFrumento

 Manlio Brusatin

«Per ritrovare i luoghi di Francesco Piazza bisogna vagare in quegli stretti confini dove la città non è più tale, ma dove la campagna non è ancora stata umiliata da una trasformazione senza immagini. Qui ai bordi di una Treviso sommersa fra erbe fiori e filari di vigne, abita il gentilissimo Piazza, con la sua sottile selvatichezza, con la sua punta da incisore.
E’ all’interno di quest’ars meditativa, che Francesco Piazza, dopo gli anni di Asolo, decide nel 1957 di interrompere per un tempo lunghissimo, quasi una vita da artista, la pratica dell’incisione, e di riprendere il filo di quest’arte intessuta dai molti segni soltanto nel 1974.
Le incisioni di Francesco Piazza “si recitano con gli occhi ed esse stesse hanno, all’interno della loro pagina, un titolo che ha sempre il ritmo e il timbro di un verso…»

Campagna solenne e assorta  Ombre lunghe di febbraio

  Tetti Trevisani - 1994 Sandro Zanotto

«Anche se vivono sommerse dal clamore delle metropoli, le piccole città venete continuano a rivelare i misteri nascosti nei loro recessi meno battuti, quasi dimenticati in un silenzio apparente, quello di una vita segreta ricca di voci e suoni nati su lunghezze d’onda sconosciute ai più. Siamo, infatti, rimasti in pochi ancora a conoscere certi angiporti assorti e certi penetrali sfuggiti ai piani regolatori; dopo di essi, dove la città finisce in stradine remote che si perdono nei campi, tra case custodite dal verde, da canti di uccelli e ronzii di insetti, pare confinata l’anima vera di questi centri urbani, la loro identità non ancora smarrita. Accade anche a Treviso, nella strada dei Biscari, in località di S. Bona…le cui siepi, ai bordi delle stradine sembrano il filo conduttore di un labirinto che ha come punto di arrivo la casa di Francesco Piazza.
Anche a Francesco è certo toccata la sua parte di inferno su questa terra, come a tutti quelli che tendono a vivere troppo intensamente negli spazi dell’animo. Egli, nella poesia, definisce il suo spazio psicologico compiutamente, appunto trattando le parole con la chiarezza con cui maneggia i coloriTreviso, el Cagnàn - 1984 e le linee.
Da questi (Ciardi, Fattori, Barbisan) ha acquisito, oltre al magistero tecnico, l’idea di base della pittura di paesaggio, che però ha concettualmente superato quando scoprì la sentenza di Klimt: “Il paesaggio è qualcosa di sacro, che vive indipendente dall’uomo.”  C’era da rivoluzionare, prima e al di là della pittura, l’atteggiamento con cui ci si doveva accostare al paesaggio e agli elementi vivi di esso, l’occhio con cui lo si doveva guardare e l’animo che lo doveva sentire. » 

 

Sul Sile - 1989Asolo Ca' Zen

 

 

 

Luciana Crosato Larcher

Francesco Piazza ha compiuto molta strada, da quando, nel 1979, presentai la sua opera grafica all’Istituto Italiano di Cultura di Monaco; quale uomo e artista è rimasto immutato nel suo amore e nel suo credo verso la terra veneta e, in particolare, la campagna trevigiana. Sono le colline dell’Asolano care al Bembo e a Giorgione, i celebri corsi d’acqua che solcano la Marca, i parchi delle palladiane ville, i giardini della ridente Treviso, la campagna Paradiso sulla Storga - 1986anticamente coltivata a grano e a viti, ad offrire, con altrettanta coerenza, all’artista, la tematica per le sue opere. Nascono paesaggi che La noghèra del brolo Gradenigo - 1981gridano la gioia di vivere. Il Veneto: ricco d’acque…verde e rigoglioso…giardino di Venezia…terra fertile.”

 

                  

 

 

 

 

 

 

 

Carlo Munari 

«In effetti Piazza è saldamente, indissolubilmente, Sorrisi d'inverno - 1982vincolato alle sue Betulle - 1995origini. La humus veneta è prodiga di linfe alla sua creatività e l’immagine che ne consegue ne reca tratti certi, la sigla inconfondibile che da ogni altra la distingue.
Per Piazza, infatti, interlocutrice insostituibile è la natura colta sovente nei suoi aspetti più umili e dimessi. E’ la natura rappresentata dal microcosmo in cui egli consuma le proprie giornate: l’orto attorno casa, i solitari sentieri della campagna trevigiana, i casolari dei contadini, e stagni e rogge, e le colline che Quando vi traviseranno case bellissime? - 1985sembrano sfumare nel cielo… Universo breve ma albergo di prodigi se, quotidianamente rivisitato, costituisce per l’artista l’inesauribile fonte delle stimolazioni creative.
Quando Erba secca con pungitopo - 1976un messaggio è recepibile in contorni tanto nitidi, estranei ad ogni compromissione e ambiguità, significa che lo spessore qualitativo dell’opera sussiste in pienezza. E’ il caso di Francesco Piazza, sia che ci si rivolga agli oli - dispiegati su registri cromatici di alta intensità - sia che ci si rivolga all’opera grafica, nella quale il magistero tecnico non è mai fine a se stesso, edonistica ostentazione di disinvolta bravura, ma sempre posto al servizio dell’espressione di contenuti rintracciati in quel colloquio con la natura su cui ci si è fin qui Treviso. Dalla Pescheria - 1990soffermati.Cupole trevisane - 1991
A comprovare la divisa morale di Francesco Piazza è del resto un silenzio durato due decenni: decenni trascorsi in riflessione solitaria. Solo quando egli ebbe consapevolezza della legittimità del suo discorso uscì allo scoperto: non per cercare effimeri elogi o successi mondani ma per far dono agli uomini di quel nutrimento prezioso e insostituibile ch’è la poesia. »

 

 

 

 

 

Il Gazzettino 31 luglio 2007

Eugenio Manzato

Con la scomparsa di Francesco Piazza Treviso perde un artista che ha animato con la sua produzione e le sue proposte espositive la vita culturale della città per quasi mezzo secolo. Nato a Venezia nel 1951, ma trasferito ben presto a Treviso, la sua formazione è nel solco della più schietta tradizione trevigiana: la pittura "leggera" dei pittori della Rossignona, il naturalismo suntuoso di Giovanni Barbisan, di cui frequenta a lungo lo studio. E nel solco del più genuino naturalismo si innesta la sua produzione sia pittorica che incisoria, ma con un accento del tutto personale, di afflato lirico permeato di religiosità. Se è vero che nel nome c'è la persona, Piazza incarna pienamente il sentimento francescano di fratellanza con la natura: amore di Dio e amore per la natura coincidono nelle sue delicate acqueforti in cui il variare delle stagioni è visto all'interno del grande disegno provvidenziale. Ma l'afflato lirico e religioso è sostenuto da una tecnica altissima capace, come ebbe a ricordare non senza compiacimento da maestro Giovanni Barbisan, di conferire ai paesaggi "la morbidità della luce e la limpidezza dei cieli".Malinconico aprile - 1987
Esordiente giovanissimo ‑ i suoi primi lavori risalgono al 1951 ‑ partecipa poco più che ventenne a importanti mostre e manifestazioni, conseguendo nel 1954 il primo premio nella prestigiosa rassegna del "Bianco e Nero" di Cittadella.
Dopo un lungo periodo di ritiro, ritorna all' attività artistica nel 1974, facendosi cantore, attraverso le sue liriche acqueforti, dei luoghi più belli della città e del territorio: Asolo, il Montello, il corso del Sile, la campagna coltivata, sono soggetti ricorrenti, colti nell'alternanza delle stagioni, le distanze spaziate dalle siepi di confine, l'intrico dei rami spesso sfumato da nebbie leggere; e poi la città, talora vista in panorami di tetti, o nei luoghi caratteristici intorno alla Pescheria o in scorci dalle mura.
Il vigneto di Mariano sotto la neve - 1991Ma progressivamente il raggio della visione di Piazza si va ritirando e concentrando a Santa Bona, nei campi intorno alla sua casa-studio, per finire tra gli alberi del suo giardino, o nei solchi al di là della rete di confine: perché l'Infinito non va cercato in luoghi esotici o lontani, l'Infinito è nel giardino di casa, l'Infinito è dentro chi sa guardare e tradurre in arte e poesia la visione.
La casa di via dei Biscari non era semplicemente lo studio di Francesco Piazza: ad essa confluivano anzitutto nel segno dell'amicizia, e poi per finalità d'arte e di cultura, tanti trevigiani a conversare in semplicità con "Checco", con la moglie Anna Maria, persona di straordinaria intelligenza e umanità, con i loro scouts divenuti nel tempo adulti, ma animati sempre da cordiale altruismo e fedelissimi, in un affetto schiettamente filiale, alle loro antiche guide. Sono questi "ragazzi" che hanno mantenuto vivo il ricordo di Piazza dopo che, nel 1995, era stato colpito da un male paralizzante; ad essi ‑ in testa l’amico manager Lino Bianchin ‑ è ora affidata la memoria dell'artista: si aprirà a giorni, a Vigo di Cadore, una mostra da tempo programmata, che sarà ora imprevedibilmente la prima mostra postuma, il cui titolo è emblematico: Il respiro dell’infinito.

                                                                                                                 

           IL GAZZETTINO 29 luglio 2007

Chiara Voltarel  A quale immagine offrirvi... - 1982

Francesco Piazza si è spento ieri, nella tarda mattinata. Se n'è andato così un grande pittore ma soprattutto un grande incisore, trevigiano d'adozione. Nato a Venezia nel 1931 viveva in via dei Biscari, a Santa Bona. Casa-universo, centro vivo, aperto a tutti e polo di attrazione per tanti, luogo che divideva con la moglie Anna Maria Feder, morta nel 1987. Sempre assieme ma in contrasto: lui era la roccia, la stabilità, lei il vento, sempre in movimento. Ora in quelle stanze, si è adagiato un velo. Gli amici più cari, i suoi figli spirituali, quelli della Fondazione Piazza , sono lì, lo ricordano. Per loro era "Checco". Lo accudivano dal 1995 quando venne colpito da un ictus che lo immobilizzò e privò della parola. Era ancora vigile, si teneva informato, leggeva e con chi riusciva a capire le sue espressioni commentava le notizie.
Desideroso di tranquillità, uomo straordinario, straordinario artista. Allievo di Giovanni Barbisan, nella sua attività ha realizzato circa seicento acqueforti che si distinguono per un segno, secco, netto, incisivo e raffinato. Con il suo linguaggio essenziale ci ha raccontato Alle prterie di Fontane - 1991il mondo della natura, in una quasi assoluta assenza dell'uomo. Il tema viene colto nella quotidianità, si eleva nei suoi paesaggi verso dimensioni quasi metafisiche, tese all'aldilà. E lo spirituale è elemento preponderante. Profondo credente,
Piazza era solito commentare ed accompagnare i suoi lavori con versetti tratti dalle Sacre Scritture, in prevalenza salmi che illustrano il rapporto dell'uomo con la natura. Ci ha lasciato opere liriche, fogli dove ritroviamo in veste grafica il Cantico delle Creature o immagini dove cerca di fissare un'epoca trascorsa.
Ha partecipato alle più importanti manifestazioni artistiche come la Biennale d'Arte Triveneta, quella Internazionale d'Arte di Venezia o all'Opera Bevilacqua la Masa. Affermatosi in territorio internazionale ha esposto in tutto il mondo. I trevigiani lo ricordano soprattutto per la mostra realizzata nel Battistero di San Giovanni a Treviso, nel 1992, in occasione del centenario della "Vita del Popolo", testata per cui realizzava alcune copertine. Ancora da definire la data del funerale.

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