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[alla rassegna di oli]

La casa dove abita, un grande archivio di ricordi, ha delle proiezioni e traguardi estemi che individuano singolarità arboree rivestite delle loro foglie dialoganti, nelle infinite attese che si dilatano ai margini dove ogni urgenza della città mercantile può essere rinviata.
Qui la grazia di una giornata folgorante, di una buona e chiara stagione, lo stesso  svincolarsi della vita nei piccoli o grandi mari delle angosce si mostra come un miracolo oltre la felice tranquillità di distendersi sopra una soffice linea verde che è un luogo dell'anima.
La stessa casa di Piazza poi è un laboratorio-osservatorio,Colori tanto attesi - 1991 …dove l’accartocciarsi della foglia viene vissuto nei lucidi istanti di una recita di colori, il farsi di una gemma che aiuta ad aprirsi una strada nella ruvida frattura della corteccia invernale.
…e Piazza viaggia all'interno del suo spazio abitato dove i quadri di una pinacoteca affettiva si aprono sui sentieri della pittura veneta, in semplici frammenti.
In mezzo a questi si svolgono le pagine della sua pittura che hanno più intensamente esplosioni cromatiche e sono tutte intensamente vissute.
Qui soprattutto si vedono tra il bianco e il nero gli inconfondibili colori filtranti dei pomeriggi estivi e delle solitarie mattinate invernali, i tappeti di foglie scricchiolanti e madide di umore macerante, destinate a produrre un ulteriore tappeto.
Questi suoni cromatici si sprigionano dal racconto di Piazza, sospendendosi in attese improvvise verso alcuni destini inflessibili che tendono a covare gli scoppi di un “torpido inverno”, agitato e infiammato da un’attesa.
Una panchina nel parco quale testimone, si risveglia in un'attenzione come per ascoltare quelle conversazioni così piene di promesse che son soliti fare i suoi più fedeli frequentatori.
Ecco, le impaginazioni dei ritmi di Piazza sono espresse verso degli orizzonti che non sono fissi ma si spostano e si agitano raccogliendo episodi e avventure di personaggi che hanno appena lasciato quel luogo.

Manlio Brusatin

Il solare studio di Francesco Piazza mostra Glicine all'ingresso - 1992anch’esso la dimensione celata che presenta in ogni situazione l’identità veneta. … maschera infatti assai bene la sua funzione di essere il vero laboratorio di un alchimista.
Qui non si compie la tipica operazione alchemica di trasformare la materia inerte in oro prezioso, ma vien realizzata un’altra ben più difficile, quella di fissare la vita che continuamente sfugge dietro lo scorrere del tempo…
Potremmo pensare ora alle sublimi ossessioni di molti artisti che vissero nel chiuso del loro studio, … viene alla mente …, l’incubo divino di Giorgio Morandi. E’ un riferimento che non vale assolutamente per Francesco Piazza, che non ha mai creduto al grande tema accademico della natura morta. … Ma certo Francesco non ha mai conosciuto nel suo studio l’inferno dell’atelier, quando … tre bottiglie continuano a ricoprirsi di polvere immemorabile e i limoni putrescenti colorano col loro sentore l’odore acuto della trementina. …
Ciò che non manca di sconcertare nell’opera di Piazza, grafica o pittorica, è come il concetto di una sacralità della natura, che l’arte deve rivelare, venga espresso sempre nei moduli della più assoluta fedeltà al vero. …

Da questi (Ciardi, Fattori, Barbisan) ha acquisito, oltre al magistero tecnico, l’idea di base della pittura di paesaggio, che però ha concettualmente superato quando scoprì la sentenza di Klimt: “Il paesaggio è qualcosa di sacro, che vive indipendente dall’uomo.”  C’era da rivoluzionare, prima e al di là della pittura, l’atteggiamento con cui ci si doveva accostare al paesaggio e agli elementi vivi di esso, l’occhio con cui lo si doveva guardare e l’animo che lo doveva sentire. » 

Sandro Zanotto