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[alla rassegna di oli]
La casa dove abita,
un grande archivio di ricordi, ha delle proiezioni e traguardi
estemi che individuano singolarità arboree rivestite delle loro
foglie dialoganti, nelle infinite attese che si dilatano ai margini
dove ogni urgenza della città mercantile può essere rinviata.
Qui la grazia
di una giornata folgorante, di una buona e chiara stagione, lo
stesso svincolarsi della vita nei piccoli o grandi mari delle
angosce si mostra come un miracolo oltre la felice tranquillità di
distendersi sopra una soffice linea verde che è un luogo dell'anima.
La stessa casa
di Piazza poi è un laboratorio-osservatorio, …dove l’accartocciarsi
della foglia viene vissuto nei lucidi istanti di una recita di
colori, il farsi di una gemma che aiuta ad aprirsi una strada nella
ruvida frattura della corteccia invernale.
…e Piazza
viaggia all'interno del suo spazio abitato dove i quadri di una
pinacoteca affettiva si aprono sui sentieri della pittura veneta, in
semplici frammenti.
In mezzo a
questi si svolgono le pagine della sua pittura che hanno più
intensamente esplosioni cromatiche e sono tutte intensamente
vissute.
Qui soprattutto
si vedono tra il bianco e il nero gli inconfondibili colori
filtranti dei pomeriggi estivi e delle solitarie mattinate
invernali, i tappeti di foglie scricchiolanti e madide di umore
macerante, destinate a produrre un ulteriore tappeto.
Questi suoni
cromatici si sprigionano dal racconto di Piazza, sospendendosi in
attese improvvise verso alcuni destini inflessibili che tendono a
covare gli scoppi di un “torpido inverno”, agitato e infiammato da
un’attesa.
Una panchina
nel parco quale testimone, si risveglia in un'attenzione come per
ascoltare quelle conversazioni così piene di promesse che son soliti
fare i suoi più fedeli frequentatori.
Ecco, le
impaginazioni dei ritmi di Piazza sono espresse verso degli
orizzonti che non sono fissi ma si spostano e si agitano
raccogliendo episodi e avventure di personaggi che hanno appena
lasciato quel luogo.
Manlio Brusatin
Il solare
studio di Francesco Piazza mostra
anch’esso la dimensione celata che
presenta in ogni situazione l’identità veneta. … maschera infatti
assai bene la sua funzione di essere il vero laboratorio di un
alchimista.
Qui non si
compie la tipica operazione alchemica di trasformare la materia
inerte in oro prezioso, ma vien realizzata un’altra ben più
difficile, quella di fissare la vita che continuamente sfugge dietro
lo scorrere del tempo…
Potremmo
pensare ora alle sublimi ossessioni di molti artisti che vissero nel
chiuso del loro studio, … viene alla mente …, l’incubo divino di
Giorgio Morandi. E’ un riferimento che non vale assolutamente per
Francesco Piazza, che non ha mai creduto al grande tema accademico
della natura morta. … Ma certo Francesco non ha mai conosciuto nel
suo studio l’inferno dell’atelier, quando … tre bottiglie continuano
a ricoprirsi di polvere immemorabile e i limoni putrescenti colorano
col loro sentore l’odore acuto della trementina. …
Ciò che non
manca di sconcertare nell’opera di Piazza, grafica o pittorica, è
come il concetto di una sacralità della natura, che l’arte deve
rivelare, venga espresso sempre nei moduli della più assoluta
fedeltà al vero. …
Da questi (Ciardi, Fattori, Barbisan) ha
acquisito, oltre al magistero tecnico, l’idea di base della pittura
di paesaggio, che però ha concettualmente superato quando scoprì la
sentenza di Klimt: “Il paesaggio è qualcosa di sacro, che vive
indipendente dall’uomo.” C’era da rivoluzionare, prima e al di
là della pittura, l’atteggiamento con cui ci si doveva accostare al
paesaggio e agli elementi vivi di esso, l’occhio con cui lo si
doveva guardare e l’animo che lo doveva sentire. »
Sandro Zanotto
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