lontana e scomoda. era
sempre poca e molto fredda. La programmazione della giornata fatta dal
nostro “Sior Bruno” era eccellente; dalla bellissima Messa al mattino,
celebrata in mezzo alla natura, al canto degli uccelli, all’aria
frizzante e al fuoco del bivacco della sera; non c’erano momenti di
pausa o di noia. La giornata passava in un baleno intervallata da
attività di vario genere, sempre diverse e stimolanti,
Ciò che mi è rimasto vivo nella memoria è lo stimolo, la vivacità e
l’entusiasmo che caratterizzava le nostre menti, tanto che, ancora oggi
è bello ricordare. In quei luoghi abbiamo conosciuto una forma di
isolamento dal resto del mondo per periodi di 25- 30 giorni; era come
vivere su un’isola deserta dove noi e gli uccelli eravamo i padroni
incontrastati, si aveva L’impressione che nessun estraneo potesse
violare il nostro isolamento e la nostra libertà. Poi, ancora, il campo
di Auronzo (Val da Rin) due anni consecutivi; un bellissimo luogo con
ottima disponibilità di acqua e legname da costruzione. Grazie alle
tecniche perfezionate durante l’anno in squadriglia, siamo stati in
grado di eseguire costruzioni importanti tanto da fare invidia agli
architetti. Oggi, ripensandoci. credo siano stati campi al limite della
perfezione dal punto di vista scoutistico.
Le conoscenze tecniche acquisite negli anni avevano permesso di fare
bellissimi angoli di squadriglia, un moderno aereo portale del campo,
l’altare tutto in legno ed altre piccole opere d’arte.
Infine i giochi notturni (gioco delle candele) che miravano ad
irrobustire il nostro coraggio, affrontando da soli il bosco
nell’oscurità. Purtroppo la vita assume col tempo caratteristiche
differenti; le responsabilità cambiano ma una giovinezza intrisa di
ricordi piacevoli è pur sempre una forza ed uno stimolo.
Ciò che ho vissuto da ragazzo non è soltanto un semplice ricordo ma una
pietra miliare su cui ho costruito la mia vita.
I visi dei “fratelli scout “dei vari campi ed i loro nomi: Ciccio,
Giovanni, Renzo, Bruno, Luciano, Gastone, Remo, Bepi, Corrado ed altri,
sono sempre giovani e presenti nella mia memoria. Ma le figure che forse
hanno modellato la mia coscienza sono e rimarranno il grande ‘Sior
Bruno” e “Don Stefano” a cui allora ci “inchinavamo” fedeli e fiduciosi
come a due montagne sacre. I Pilastri su cui ancora oggi sventola il
vessillo dell’appartenenza di un gruppo unito nell’amicizia e nella
fratellanza.
Ugo
E |
Esperienza vissuta da
un vecchio lupo
Aneddoti di un
vecchio lupo dell’8° Riparto ‘MURIALDO” sulla vita dei campi estivi.
Spert d’Alpago
1949 -1° Campo Scout: “Sfiorato il dramma del formaggio” — Arrivati nella
foresta del Cansiglio, con il fatidico camion, si presentava subito il problema
dello scarico. La radura pianeggiante in mezzo al bosco, preposta per
l’insediamento del campo, poteva essere raggiunta dalla statale solo tramite un
sentiero pedonabile che distava 500 metri.
Sior Bruno, nostro capo supremo. con alto senso logistico ed organizzativo,
avendo il permesso della Forestale, fece proseguire il camion per circa 500
metri lungo la strada camionabile in salita di proprietà del Demanio delle
Foreste, parallela al sentiero che conduceva alla radura.
Il punto di scarico pertanto, si trovava con dislivello di 100 metri più in alto
del campo e quindi tutto il materiale poteva essere trasportato in discesa
tramite un pendio lungo 200 in. Ad un certo punto dello scarico, Sior Bruno,
personalmente, sollevava il pezzo più pregiati “una forma di formaggio
invecchiata per tutti gli usi” e la consegnava al sottoscritto con tante
raccomandazioni di portarla in fondo al pendio sana e salva perché era l’unica
risorsa alimentare di lusso e doveva durare per 15 giorni.
Il vecchio lupo, emozionato per l’arduo impegno conferitogli. dopo 10 passi
effettuati sul pendio in discesa, inciampò all’undicesimo passo e ruzzolò a
terra con la forma di formaggio.
All’istante, un grido straziante di Sior Bruno si elevò al cielo “Ciapea che a
scampa” e la forma si mise a rotolare ad alta velocità schivando alberi, ceppi.
cespugli e scomparendo all’orizzonte. Assieme discendemmo lungo il pendio con
rabbia e con il continuo patema d’animo di trovare la forma di formaggio
disintegrata su qualche tronco di pino o dì faggio. Invece, dopo 200 m di
percorso fra pini, cespugli, faggi, crepacci e arbusti vari, trovammo la forma
in perfetto stato, al centro di una radura. Lì poi piantammo il palo dell’alza
bandiera. Conclusosi il dramma formaggio, felici e contenti, rivolgemmo poi una
preghiera di ringraziamento alla Divina Provvidenza che non ha limiti.
L’arte di preparare il latte — Il detto che “un toro non fa il latte” è
stato sfatato dall’8° Riparto Scout “Murialdo”.
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