Giornale - Qumram: il frammento 7Q5

TV 15.04.01

STORIA E VANGELI

7Q5 - Archeologia della religione

In pochi casi della mia vita ho avuto la sensazione di trovarmi in mezzo alla storia, circondato da luoghi, luci ed aria già percorsi, visti e respirati da personaggi i quali determinarono avvenimenti accaduti migliaia d'anni fa.
Qumran, in Israele, è stato uno di questi luoghi; lì mi sono sentito immerso nel tempo, lì ho provato l'emozione di essere nel posto dove si è verificata la storia, anche la mia, che si diparte dalle scoperte ivi avvenute tra il 1947 e il 1956.
A Qumran vi sono i resti di un monastero degli Esseni, setta religiosa ebraica dedita al lavoro e alla preghiera; costoro avevano una biblioteca di manoscritti tra le più importanti del mondo antico che, a fronte dell'imminente conquista romana di quel territorio (68 d.C.) e la loro distruzione, badarono a porre in salvo, occultandola in undici grotte vicine al convento.


Il frammento 7Q5

Quasi tutti i testi e i frammenti contenuti nelle undici grotte sono redatti in ebraico o aramaico e scritti su pergamene (pelli di animale trattate), solo nella grotta 7, scoperta nel 1955, cambiava il supporto di scrittura da pergamena in papiro, una sorta di carta derivata dalla pianta di papiro, e la lingua, non più l'aramaico bensì il greco.In questa settima grotta vi fu il ritrovamento del frammento 7Q5 (cm 3,9 x cm 2,7), divenuto fondamentale dopo gli studi approfonditi di padre O'Callaghan, il quale riuscì, con una intuizione particolare, ad identificare il testo corrispondente al vangelo di Marco (6, 52-53).
L'intuizione fu di ricercare l'identificazione al di fuori dei testi del vecchio testamento, i quali testi formavano il corpo principale della biblioteca del complesso di Qumran, non pensando, in un primo momento, che vi potessero essere anche documenti religiosi di recente datazione che si riferivano al Nuovo Testamento.
Padre Josè O'Callaghan, applicando tutta una serie di sistemi scientifici, sticometrici (numero delle lettere per linea), matematici (calcolo delle probabilità), stereomicroscopici e filologici ed altri, arrivò all'identificazione di 7Q5 col vangelo di Marco, conclusione che, a parte iniziali contrapposizioni di studiosi in materia, ora trova concorde il mondo scientifico.
7Q5, quindi, cambia molte precedenti convinzioni e riordina molte date della storia di quel periodo.
Il papiro è sicuramente datato anteriormente al 50 d. C., corrisponde, quindi, con l'azione di salvataggio posta in essere dagli Esseni prima del 68 d. C.; si sgonfia, quindi, la tesi secondo cui i vangeli siano stati scritti tra il 70 e il 120 d. C. e trova spazio la convinzione che chi ha scritto il testo del vangelo sia stato testimone oculare della vita e morte di Cristo. 
A supportare la datazione di 7Q5 anteriore al 50 d. C. sono testimonianze di vari scrittori cristiani, Papia da Gerapoli, Clemente Alessandrino ed Eusebio da Cesarea, i quali affermano che Pietro andò a Roma nel 42 e che fu chiesto a Marco di trascrivere la sua predicazione.
Con questa nuova datazione del Vangelo di Marco crolla tutto uno scenario di fondo, in particolare che i Vangeli siano stai scritti sotto l'influsso del pensiero greco-ellenistico, successivo ai fatti narrati, pensiero che porterebbe al risultato di un'elaborazione, la quale farebbe di Gesù nientemeno che il Figlio di Dio.
Ma se invece diventa chiaro che i Vangeli furono scritti in una data molto più vicina agli avvenimenti, con testimoni oculari che, in vita, potevano confermare o smentire, deriva la garanzia, molto ampia, del valore storico dei Vangeli ed è comprensibile il peso della testimonianza che Gesù è Figlio di Dio di bocca degli ebrei a Lui contemporanei.
Verificare, quindi, in sintesi, che i Vangeli sono stati scritti a ridosso degli avvenimenti della vita di Gesù e ben prima della distruzione romana di Gerusalemme, significa accertare che non erano possibili idealizzazioni mitiche di Gesù e che i testi circolavano liberamente a Gerusalemme e liberamente potevano essere confutati, quando ancora erano vivi i testimoni degli eventi della vita di Gesù, i quali potevano smentire gli evangelisti.
Questa è la storia di 7Q5 e di quello che dal suo ritrovamento si può provare scientificamente per le vicende che interessano la storia della nostra religione, di come sono accaduti i fatti e come si è sviluppato un pensiero, quello greco-ellenistico, che ora è doveroso rivedere nella sua più giusta normalità e semplicità. C'è, infatti, il 7Q5 che lo permette, c'è stata la paziente ricerca di padre O' Callaghan che riporta i fatti come un normale avvenimento.
Esser stato a Qumran, immerso nella storia e di quale storia, è sicuramente emozionante e consolante per una vita di Fede, pur non essendo fondamentale per la scelta di Fede che ad ognuno di noi compete.


Gianni Tosello