da IL GAZZETTINO di giovedì 22 aprile 2004
(M.G.) Domani ricorre il 45° anniversario della morte di don Ugo De Lucchi, cappellano di Santa Maria del Rovere per alcuni anni nel dopoguerra. Il suo ricordo è ancora vivo in chi ebbe modo di conoscerlo, soprattutto nei giovani e negli scout di allora,  perché quello dell'educazione della gioventù fu il suo campo d'azione prediletto. E proprio loro a distanza di tanti anni si sono adoperati affinché le sue spoglie, sepolte nella tomba di famiglia a Riese Pio X vengano traslate nel luogo del suo apostolato. Una richiesta che sarà esaudita, dato che la famiglia del defunto e la parrocchia di Riese hanno dato il loro benestare.
"E' ancora presto per parlare di una data precisa, ma si presume che sarà tra settembre e ottobre - afferma Claudio Fava retto,  che fu scout quando don Ugo De Lucchi era a S. Maria del Rovere - L'idea è nata tempo fa al Centro Studi Scout a lui 
intitolato, ed è stata accolta con entusiasmo da tutti. Noi vorremmo che fosse conosciuto dai giovani scout per tutto quello che ha fatto per la nostra parrocchia. C'è ancora tanta gente che lo ricorda con affetto e la sua presenza costituirebbe un perenne stimolo a fare il bene". A S. Maria del Rovere don Ugo iniziò la sua attività pastorale come cappellano. Erano i primi anni del dopoguerra e allora la parrocchia sembrava quasi un paesotto, staccata com'era dalla città e immersa nei campi. Erano anni difficili e don Ugo, poco più che ventenne, si buttò anima e corpo nel suo incarico. Uomo mite e colto, possedeva una grande cultura umanistica, e non era digiuno di conoscenze scientifiche; ma era soprattutto un profondo conoscitore della musica. Approntò un gruppo teatrale coi giovani, con i quali allestì diverse rappresentazioni e seguì il coro parrocchiale.
 All'interno del mondo giovanile predilesse lo scoutismo, appena ricomparso dopo gli anni della proibizione fascista; fu assi stente col nome caccia di "Rupe Nera". Colpito dalla tubercolosi trascorse 3 anni in luoghi di cura tra Belluno e Asiago. Al suo ritorno risiedette in una stanza preparatagli nelle opere parrocchiali. Una stanza che divenne luogo d'accoglienza per tutti, senza distinzioni. Il poco che possedeva era a disposizione di chiunque: il suo pianoforte, i suoi libri, i suoi dischi. E malgrado le sue difficoltà fisiche non tralasciava di andare a trovare, in Lambretta, coloro che sapeva bisognosi di conforto. Nella sua stanza si spense a soli 39 anni il pomeriggio del 23 aprile del 1959, giorno di San Giorgio patrono dei suoi scout, circondato da loro che preparavano i giochi per il santo Patrono, mentre un ragazzo suonava il suo piano.