17 febbraio 2012 -
OMELIA - Don Roberto Cavalli
La fantasia
1 Giovanni 2:3 Da questo sappiamo che l'abbiamo conosciuto: se osserviamo i
suoi comandamenti.
1 Giovanni 2:4 Chi dice: «lo l'ho conosciuto», e non osserva i suoi
comandamenti, è bugiardo e la verità non è in lui;
1 Giovanni 2:5 ma chi osserva la sua parola, in lui l'amore di Dio è
veramente completo. Da questo conosciamo che siamo in lui;
1 Giovanni 2:6 chi dice di rimanere in lui, deve camminare com'egli camminò.
(Gv 13:34-35; 15:12-14) Pr 4:18-19
1 Giovanni 2: 7 Carissimi, non vi scrivo un comandamento nuovo, ma un
comandamento vecchio che avevate fin da principio: il comandamento vecchio è
la parola che avete udita.
1 Giovanni 2:8 E tuttavia è un comandamento nuovo che io vi scrivo, il che è
vero in lui e in voi; perché le tenebre stanno passando, e già risplende la
vera luce.
1 Giovanni 2: 9 Chi dice di essere nella luce e odia suo fratello, è ancora
nelle tenebre.
1 Giovanni 2:10 Chi ama suo fratello rimane nella luce e non c'è nulla in
lui che lo faccia inciampare.
Il paradosso che
l'evangelista ha usato in 1^ Gv. 2,7-8 , ci aiuterà a sviluppare il compito
che la Fondazione si è data in occasione del 25° anniversario della
rinascita al cielo di Anna Maria: comprendere cos'è vera fantasia. Partiamo
dal considerare alcuni sinonimi del termine fantasia : creatività,
genialità, novità, stranezza, vivacità, bellezza, colori..., Alla parola
fantasia troviamo forse legato, più di ogni altro termine quello di
"novità". Ecco perché il mio riferimento al comandamento vecchio, che pur è
nuovo, di 1 ^ Gv. Viviamo in un mondo, quello odierno del consumismo
decadente, che si basa proprio sulla ricerca della novità per incrementare
il consumo. Ma quale tipo di novità? Purtroppo tale sistema, proiettato
continuamente a produrre novità per vendere, insieme a non pochi benefici,
al contrario della fantasia, ha prodotto una seria omologazione dei
comportamenti, del pensiero e degli stili di vita. Basti pensare a cosa ha
comportato l'introduzione della tv nelle case, in riferimento alla capacità
e al desiderio di crearsi un'opinione personale sulle vicende storiche, dove
sono necessari invece anni di studio e di allenamento della capacità
critica. Oppure, basti pensare alla "produzione di serie" che ha sbaragliato
il passo all'artigianato, cioè basti pensare alla produzione di oggetti a
basso costo, perfettamente uguali tra loro, necessari e a volte
perfettamente inutili ,che il consumismo ha portato nelle nostre case e
purtroppo anche nelle nostre chiese, riempiendole di sacri orrori e
impoverendo così grandemente l'abilità dell'uomo del proprio spirito, del
proprio cervello e delle mani . O basti pensare a quelli che sono stati
definiti intelligentemente i "luoghi non luoghi". Di che cosa si tratta?
Avete mai visto i villaggi turistici o certi palazzi moderni, strade,
negozi, giardini... costruiti in certe zone del Trentino o quelli che stanno
costruendo nell'Est dell'Europa? Sono drammaticamente uguali ovunque,
cosicché, che tu abbia a trovarti a vivere una vacanza in riva al mare a
lesolo o sul Mar Rosso, non ti accorgerai troppo della differenza, poichè
più uguali sono questi luoghi, più attirano turismo, perché in essi ci sono
tutti i servizi e i conforts che la massa desidera. Ma se questo è vero per
i villaggi turistici,è vero altrettanto per i modi di vestire, di pensare,
di leggere, di mangiare, ... Sembra che la fantasia abbia lasciato il passo
allo strabiliante, al confortevole, all'esageratamente grande (pensate ai
SUV), alla novità per la novità, al volgare, ai colori scioccanti, allo
scandaloso. Sembra che la bellezza abbia lasciato il passo alla bruttura. Ma
torniamo a S. Giovanni. A che cosa allude quando afferma che: "Non vi scrivo
un comandamento nuovo, ma un comandamento vecchio... e tuttavia è un
comandamento nuovo quello che vi scrivo". Allude, anzi di seguito lo
esplicita, al comandamento dell'amore. Quale amore? Il nostro amore? No, non
è il nostro amore ad essere vecchio e nuovo insieme, ma è l'amore di Dio che
ci viene partecipato e che pur essendo il solito, è però sempre fonte di
novità assoluta, cioè di fantasia. Tentiamo di comprendere meglio. Noi
uomini e donne del tempo segnato dal consumismo decadente, spesso
identifichiamo la fantasia, il nuovo... nella ricerca continua delle molte
cose diverse, ma questa in realtà non é vera novità, tantomeno è fantasia,
ma solo un continuo, folle e inutile vagabondare senza meta nella ricerca
del possesso inappagante di molte inutili cose, che chiede, per mantenersi
ed alimentarsi,
la distruzione di immani risorse naturali, ma anche di uomini e animali.
Manca una meta in questo forsennato consumare. O meglio, la meta è la
felicità, ma si è sbagliato bersaglio, si è sbagliata la strada. Nelle Fonti
Francescane troviamo scritto a proposito della virtù della semplicità tanto
amata e raccomandata dal santo: "Non che (egli) approvasse ogni tipo di
semplicità, ma quella soltanto che, contenta del suo Dio, disprezza tutto il
resto ...che cerca non la scorza , ma il midollo, non il guscio, ma il
nocciolo, non molte cose, ma il molto, il sommo e Stabile bene. " La scelta
del santo di lasciare tutto ciò che è ricchezza materiale al padre Pietro di
Bernardone dimostra con la vita queste sue parole. La felicità, la perfetta
letizia, per il frate di Assisi non è da cercare allora nel possesso delle
molte
cose diverse, ma nel molto che c'è in ogni cosa. Esattamente qui si trova la
fonte della fantasia! La fantasia non nasce infatti da una autonoma
produzione umana, come quasi tutti credono, come insegnano a scuola e alla
tv e nei siti internet. Nasce in realtà dalla capacità di farsi attenti a
ciò che è già presente ed esterno a noi e che il più delle volte è molto
normale, apparentemente banale; farsi attenti a ciò che è piccolo, a ciò che
ai più sfugge: cioè al nocciolo, al molto che è in ogni cosa direbbe
Francesco. I più grandi inventori della storia, i più grandi artisti, erano
infatti in questo senso persone molto attente al normale. Aggiungo, osando
non poco in questa riflessione: l'amore nasce dal farsi attenti. I più buoni
della storia sono state infatti persone molto attente a ciò che, esterno a
loro, è
normale e piccolo. Una lettura atea direbbe: attenti ai fenomeni. Una
lettura di fede, che preferisco di molto, dice : farsi attenti agli infiniti
modi che Dio ha di mostrarsi nel normale , nel piccolo, nel quotidiano. Come
allora ci si rende capaci di farci persone attente al piccolo, al normale?
Giocando! Giocare deriva dal verbo latino "iuvare", allietare, far bene,
portare giovamento. Darci spazi di gioco, significa darci spazi che giovano
grandemente all'anima, perché attraverso di essi, l'anima non viene dispersa
nelle molte cose da fare o da possedere, ma viene unificata nel Molto che
c'è in ogni cosa. Sono spazi in cui non siamo animati dall'ansia di cercare
continuamente cose nuove o di produrre qualcosa di ben fatto o di bello per
raggiungere una troppo effimera sensazione dello star bene, il così detto
benessere, ma sono spazi in cui cogliere il nostro valore più vero e
profondo di uomini, non nelle molte cose, ma nel Molto che ci abita e che
abita il Creato. Questo spazio di gioco è letteralmente perdere tempo in
solitudine e silenzio. Gioco allora potrà essere camminare da soli sulle
alte vette, come faccio io con la buona stagione, quando vado a fotografare
fiori, potrà essere ascoltare la storia di una persona con partecipazione e
senza fretta, leggere un brano della Sacra Scrittura, ascoltare con calma
una bella e profonda canzone o un brano strumentale (non di rumore
assordante), contemplare il creato, leggere un pensiero o una poesia che
possano dirsi tali,..cioè pregare, perché pregare è innanzitutto ascoltare
Dio che parla a noi in modi diversi nel silenzio e nella solitudine. E' solo
questa solitudine giocosa che porta giovamento all'anima, che ci pone in
grado di accorgerci della infinita fantasia di Dio che si esprime nelle
creature e nei fenomeni da Lui creati. Proviamo a pensare ad esempio alle
migliaia di specie di fiori diversi che possiamo ammirare esplorando in
silenzio in un solo monte delle nostre alpi. Quando facciamo esperienza
della fantasia di Dio, viene spontaneo farci interpreti di quanto colto
della Sua fantasiosa presenza, che io amo chiamare "bellezza di Dio". E'
solo da questi spazi di gioco che possiamo portare scintille di bellezza, di
fantasia creativa nella vicenda umana, oggi troppo spesso appiattita sul
banale o sullo scioccante. Questi momenti di gioco, in cui facciamo
esperienza del Comandamento vecchio, che è tuttavia sempre nuovo, di cui
parlava S. Giovanni, in cui sperimentiamo la semplicità che ci abilita ad
unificare le molte cose nel Molto, ....tutti questi momenti sono come il
vento che riaccende la brace che tende a smorzarsi sul già acquisito, sul
banale, sul volgare o a smorzarsi nel pessimismo di
chi è incapace di vedere il bene negli altri o nell'immobilismo di chi è
ingrassato troppo nella pigrizia. Rinvenire nel gioco la presenza fantasiosa
dell'amore di Dio, è come disseppellire un tesoro nel campo della nostra
vita o in quella altrui, un tesoro che non ci fa vivere sempre cose diverse
l'una dall'altra, ma ci fa vivere in modo diverso, cioè fantasioso, le
solite cose. Così recita 2 Corinzí 5:17 Se dunque uno è in Cristo, egli è
una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate
nuove, ma anche Apocalisse 21:5. E colui che siede sul trono disse: «Ecco,
io faccio nuove tutte le cose». Poi mi disse: «Scrivi, perché queste parole
sono fedeli e veritiere». Quando si sale sui monti, la scoperta della
bellezza della natura, ossia il momento di giovamento dell'anima, trasforma
la pesante e ripetitiva fatica della salita, in una sempre nuova e gioiosa
scoperta che non si vorrebbe mai che terminasse. Il comandamento antico é
nuovo, il comandamento dell'amore, è quel comandamento che ci stimola a far
emergere da noi l'immagine di Dio che è impressa nel nostro cuore, inteso,
non come sede delle emozioni, ma come il luogo più vero e profondo del
nostro essere, ci stimola a far emergere l'immagine di Dio che è in noi, ma
anche quella che è presente nelle altre creature. Fantasioso allora, per la
fede, non è ciò che suscita emozioni sempre nuove, ma ciò che da nuova vita,
che ravviva le solite cose. E questa forza che dà sempre nuova vita è
l'amore! Pensate ad un bambino che per amore nasce in una famiglia. Che
ventata di novità porta nella vita di una donna e di un uomo! Se poi sono
più di uno, c'è proprio da non dormire sul già acquisito! Fantasioso allora
è colui che sa leggere, ascoltare, intuire, le innumerevoli presenze
dell'amore di Dio nelle cose normali e quotidiane dell'uomo e del creato.
Ricordate quanto tempo Checco passava appoggiato al davanzale della finestra
del suo studio, a fumare e a guardare in giardino, sempre il solito medesimo
giardino? Ecco , in quei momenti di gioco, il solito albero, la solita
siepe, la solita casa, visti e rivisti centinaia e centinaia di volte, ad un
certo punto rivelavano al suo cuore la bellezza di Dio inauditamente
fantasiosa. Non a caso, molte delle sue incisioni sono accompagnate da un
versetto di un salmo. L'incisione o la tela, altro non erano che un ridonare
a noi, ciò che lui riconosceva come dono di amore fatto a lui. Ecco dove
nasce e cresce la vera fantasia! Non c'è nulla di veramente creato dal nuovo
nei suoi quadri, come alcuni incerti pittori sono invece convinti di fare,
ma c'era il saper ascoltatore e poi farsi interprete dell' irrefrenabile
fantasioso amore di Dio espresso nelle creature. Se poi pensiamo ad Anna
Maria, ci viene sicuramente in mente la sua capacità di farsi attenta allo
sguardo, alle caratteristiche della personalità, ai bisogni delle persone
che incontrava. Coglieva in tutti almeno un tratto di bellezza fantasiosa ed
unica, quasi sempre simpatica. Coglieva i tanti ed infiniti modi di
esprimersi dell'amore di Dio riversato nel cuore di ciascuno, nella sua
storia, nella sua personalità, nel suo carattere. Tale fantasiosa bellezza
la faceva propria, ne godeva e la ridonava come accoglienza e valorizzazione
di ognuno; valorizzazione che sapeva concretizzare in tanti diversi modi
all'interno della vita della sua grande famiglia, nella scuola, nello
scoutismo... di modo che ognuno si sentiva accolto, stimato e amato da lei.
Non era, anche nel suo caso, lei la sorgente della sua fantasia
nell'inventare modi e percorsi. Non dipendeva dalla eccezionalità del tipo
di persone che incontrava, quali noi sicuramente non eravamo, ma Anna Maria
sapeva "giocare", ossia sapeva donarsi tempi e modi di ascolto, di
solitudine interiore, per trarre giovamento nell'anima, per imparare a
leggere la fantasiosa bellezza di Dio riversata in ogni persona, farla
propria per poi ridonarla. Alla fine di questa riflessione, nel tentativo di
offrire un contributo al tema scelto quest'anno dalla Fondazione Anna Maria,
possiamo affermare, alla luce della Parola di Dio, che la fantasia è, in
modo speciale in questo tempo segnato dal materialismo ateo e
dall'efficientismo liberista, il coraggio di andare contro corrente nella
ricerca della felicità, facendoci capaci di giocare, di perdere tempo per
giovare all'anima e divenire così interpreti creativi della novità
dell'amore di Dio riversato, istante dopo istante, in ogni sua creatura,
divenire interpreti di quell'amore che sa far nuove tutte le cose di sempre.
Don Roberto Cavalli 17
febbraio 2012 |