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«Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati»
(Efesini 1, 18)
... Io non sono né un moralista, né uno psicologo, né un pedagogista, non ho una preparazione specifica sull'argomento ma sono una Capo e, prima ancora, sono una persona che crede che la vita sia gioco e avventura diversi e irripetibili per ciascuno di noi. Così mi è accaduto abbastanza spesso di dovermi tuffare in me stessa alla ricerca della mia verità e della mia essenza.
All'esterno molte vite sembrano simili; si potrebbero determinare delle categorie e comodamente calarvi dentro le persone. Salvo alcuni casi sporadici, ognuno rientrerebbe in una categoria e scorrerebbe sui binari di essa assieme ad altre migliaia di persone.
Tutta qui la vita umana? Eh! Si! Senza la coscienza si. E' la coscienza la fonte dell'avventura individuale, la mia unica possibilità di scoprire la verità e farne la mia verità, di intuire la Bellezza e di andare verso di essa con amore, con il mio modo di amare che è così mio che ne posso parlare ma non lo posso comunicare neppure.
E' la mia coscienza che illumina ogni mio gesto e pensiero e gli dà senso e valore cosicché nulla va perduto né sprecato ma s'incide nell'eternità, mi costruisce per l'eternità.
La mia coscienza è perciò tutta la mia ricchezza per arrivare dove voglio arrivare, per vivere intera la mia avventura. Ed ecco il punto: dove voglio arrivare? In che cosa credo?
Vivere la propria avventura significa trovarsi in una determinata situazione e cercare di capirla e quando la si è capita non subirla più, ma volerla totalmente, senza riserve o rifiutarla totalmente per sceglierne un'altra, in un caso o nell'altro viverla fino in fondo.
La mia situazione era quella di essere nata cattolica, in una certa famiglia che mi aveva dato una certa educazione di aver trovato ad un certo punto lo
scautismo. Solo
nell'aderire o nel rifiutare le proposte che mi offriva la mia situazione io avevo la possibilità di vivere a fondo la mia personale avventura umana, l'unica vera.
Esiste una verità oggettiva? lo come cattolica non posso non crederlo; i valori che io scopro vivendo in un determinato momento storico, sociale, in un determinato ambiente culturale non sono altro che i particolari aspetti di questa realtà che trascende la storia per cui ogni epoca ne sottolinea alcuni; ma come li sottolinea?
Nella misura che la coscienza individuale non solo li intuisce ma cerca di raggiungerli, di aderire ad essi fino a farli vivere con la testimonianza della propria vita, con la particolare ricchezza della
irripetibilità della persona. Qui la vita diventa avventura, crescita senza sclerosi fino alla fine, e ogni azione testimonianza di una vocazione!
Ma togliamo di mezzo la coscienza, cioè la mia tensione per capire e per volere quello che ho capito senza diaframmi; cos'è mai la vita umana se non un ripetersi abbastanza insensato di gesti, un che di frammentario e confuso, un essere in balia del tempo, della sorte, delle cose?
Ma la coscienza non è un organo come il cuore e i polmoni che crescono con il crescere dell'individuo; all'inizio è un'energia spirituale anzi è il centro propulsore di tutte le nostre energie spirituali; perché assolva alla sua funzione cioè perché esista come luogo della sintesi delle attività del nostro spirito essa va coltivata. Questo è l'unico fine dell'educazione: restituire a ciascuna se stessa perché ognuno possa crescere fino alla fine, realizzarsi nella sua pienezza, scoprire la propria avventura e viverla come tale.
Da «IL TRIFOGLIO», 1970
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