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Una vita insieme

Alla messa del fanciullo della prima domenica di novembre del 1961 Don Cesare, parroco della parrocchia di S. Pio X, aveva annunciato a noi ragazzi che dopo il catechismo avremmo potuto avere un incontro con uno scout che ci avrebbe fatto conoscere il movimento.
Fu così che conobbi Claudio; era in divisa perfetta e già questo per noi ragazzi era motivo di un certo fascino.

Eravamo una decina e ci radunammo nella cantina della canonica dove Claudio ci illustrò a grandi linee le attività e gli scopi dello scautismo e subito dopo ci trasferimmo in bici nella sede del riparto di S. Maria del Rovere dove potemmo vedere concretamente le realizzazioni degli angoli di squadriglia e visionare i vari libri di marcia con le entusiasmanti attività e avventure che vi erano illustrate e descritte.
Da allora ci incontrammo tutte le domeniche per la riunione, prima della squadriglia libera Gheppio e poi, dopo la nascita della seconda squadriglia (i Daini), del riparto di S. Pio X.
Ricordo lo stato d’animo che mi prendeva al ritorno dalle riunioni pensando alla persona di Claudio sempre corretta, propositiva, allegra e autorevole così da farne quasi una figura “mitica” cioè un vero capo, un perfetto esempio da imitare, ma pensavo per me inarrivabile!! La dimostrazione di ciò che più tardi imparai a definire come “uomo scout”!
Le molte successive esperienze di uscite e attività all’aperto hanno trasformato in me questo sentimento in una profonda amicizia che mi ha legato a lui per il resto della vita.
Soprattutto l’esperienza dei campi, vissuti sia come suo scout che come aiuto capo, mi ha dato modo di apprezzare la sua competenza come capo che conosce il metodo educativo e tutti i significati profondi degli strumenti e delle attività che ne fanno parte. Mi ha fatto capire che lo scautismo è un metodo educativo organico e completo che lavora su ogni aspetto della persona sia dal punto di vista morale e del carattere che fisico e spirituale e che esso è composto da innumerevoli piccoli elementi che tutti assieme organicamente influiscono sulla formazione della persona fin dalla età lupetto. Tralasciare anche solo qualcuno di questi aspetti significa non fare più un buon scautismo e purtroppo di ciò abbiamo avuto modo di constatarne gli effetti nella nostra storia scout. Di questo Claudio era un attento e critico osservatore tanto che ancora negli ultimi tempi spesso ci trovavamo presi in appassionate discussioni su come sia oggi applicato lo scautismo nelle varie realtà locali a noi vicine e come sia sempre più difficile in realtà applicarlo integralmente dovendo rispettare tutti gli orpelli imposti dalle regole ambientali e dalle norme sulla sicurezza dettati dalla società attuale.
In merito allo scautismo e al suo metodo educativo Claudio  ha scritto parecchi articoli sulla stampa associativa e locale soprattutto in difesa delle scelte che, come scautismo trevigiano del gruppo TV2°, sono state elaborate e decise ai tempi della soppressione dell’Asci e la nascita, assolutamente non condivisa, dell’Agesci nel 1974.
E’ stato sicuramente un perfetto trasmettitore del metodo che lui stesso aveva vissuto sotto la guida di Checco Piazza di cui era un profondo ammiratore e di cui è riuscito a trasmetterci la visione di scautismo che è stato alla base della storia di buona parte dell’ASCI trevigiana del secondo dopoguerra. Da lui aveva imparato a valutare ogni attività sotto il profilo educativo per dare senso sia alla vita all’aperto che al gioco, sia alla vita di squadriglia che all’espressione ai fuochi di bivacco sempre sottolineando anche l’aspetto spirituale della vita fraterna che si conduce al campo.
Claudio era un profondo ammiratore del Creato e per questo innamorato della natura e in particolare delle piante e fiori di montagna che ci illustrava con nomi e particolarità durante le uscite o anche in confronti amichevoli su specifiche piante o fiori quasi a fare una gara a chi avesse più memoria.
Del resto, la sua professione di insegnante educatore esercitata per tutta la vita traspariva da qualsiasi conversazione anche la più allegra perché dalla sua esperienza nella scuola estraeva episodi di comicità che gli erano accaduti e, poiché era anche un bravissimo narratore, con essi spesso ci rallegrava durante i nostri incontri conviviali.
La sua passione per la cultura, intesa nel senso più ampio, era quasi contagiosa; era interessato sia alla musica classica che popolare per cui si è fatto promotore negli anni ottanta di un coro di canti popolari e di montagna ("Coro del Larin") coinvolgendo, come maestro, un suo collega insegnante di musica alle magistrali, oltre a noi conoscenti e amici dell'ambito scout come coristi.
Era appassionato di arte e di storia, interesse che è riuscito a trasmetterci fin dagli anni del riparto proponendoci delle attività di inchiesta e ricerca sulla storia di Treviso e suoi monumenti; ad esempio per il S. Giorgio del 1964 aveva proposto ad ogni squadriglia del riparto una “impresa” che ci aveva impegnato in ricerche storiche riguardanti vari aspetti della città come “la toponomastica”, “le acque di Treviso”, “le antiche osterie” attività che ci hanno portato a consultare i libri di storia locale nella biblioteca Comunale a soli tredici anni.
Qualche tempo fa, dal trambusto dovuto a lavori in casa, è emerso il resoconto scritto del mio viaggio di 1° classe che ho fatto nella primavera del 1965. Sfogliandolo mi è capitato di soffermarmi sui vari messaggi che Claudio, Capo riparto, mi aveva fornito per organizzarmi l'impresa; rileggendoli ho notato la accuratezza delle indicazioni per il cammino e delle attività proposte tese a trasmettere l'amore per l'osservazione della natura e per la storia del nostro territorio; in particolare in questo caso mi ha fatto scoprire i resti delle fondamenta del castello e la storia medioevale degli Ezzelini con le loro efferate nefandezze.
Pur avendo iniziato il suo percorso di studi in un istituto tecnico si era successivamente laureato in Lettere all’Università di Padova e questa sua vocazione alla scrittura si è concretizzata con la pubblicazione di alcuni libri di cui due romanzi e due trattati su Treviso e suoi monumenti.
Di carattere era esigente, propositivo e coerente tanto che al campo o durante le attività, nello spirito del nono articolo della legge “lo scout è laborioso ed economo”, richiamava chi vedeva aggirarsi con le mani in tasca oppure con la divisa trasandata. Era infastidito dall’ozio e ogni volta che si presentavano momenti di calma subito si faceva promotore di un gioco o una ricerca perché mal sopportava vedere ragazzi in crescita inattivi.
Molto critico con le nuove tendenze del pensiero dominante del politicamente corretto, della cosiddetta “cancel cultur”, della teoria gender ecc. ecc. spesso insisteva nel proporrci di dar vita a un piccolo club di amici con cui ritrovarsi a condividere i valori della tradizione cristiana e sociale in cui siamo cresciuti nel tentativo di arginare il senso di scoramento che avvertiva nell’affrontare queste tematiche e nel constatare il cattivo influsso che ciò comporta ai ragazzi in età evolutiva.
Come si evince dal suo curriculum scout, Claudio ha dedicato buona parte della sua vita allo scautismo, anche a prezzo di qualche sacrificio familiare soprattutto quando, in qualità di commissario generale dell’Associazione si è impegnato nell’organizzazione dell’Eurojam del 1994. Per fare questo ha addirittura chiesto di andare in pensione anticipata per poi, caso più unico che raro, rientrare nell’insegnamento qualche anno dopo.
Ma oltre all’ambiente scout ci siamo frequentati con sincera e naturale amicizia per tutta la vita fin dalla gioventù, quando dopo il campo, che solitamente si teneva a luglio, si organizzavano vacanze insieme scorrazzando con la sua Volkswagen per le Dolomiti e facendo visita prima alle famiglie dei nostri rispettivi genitori in vacanza, per poi finire a Pianezze, ospiti di Gino Piazza con il quale si passavano ore liete tra racconti e fraterne libagioni.
Nel tono canzonatorio che spesso usavamo tra noi amici ci eravamo anche dati dei soprannomi; io ero chiamato "sucaro" per il mio apprezzamento delle cose dolci, lui "pomi" per le sue carattrisriche guance "polpose", un terzo era appellato "bogoi" per la sua predilezione a procurare e invitarci a condividere questa prelibatezza nelle sere d'estate.
In seguito poi la consuetudine di frequentarci è anche sfociata in reciproci legami ufficiali, infatti, Claudio mi ha fatto da testimone alle nozze e poi successivamente mi ha voluto padrino di battesimo del suo secondo genito.
Per decenni ci siamo trovati a trascorrere assieme dei periodi di vacanze con le famiglie in montagna sia in inverno, sotto la regia di don Abramo dal Colle che organizzava nel periodo natalizio una specie di casa per famiglie a Alba di Canazei, sia autonomamente in tre famiglie in estate nei pressi di Auronzo di Cadore e questo ci ha consolidato in modo indelebile nella fraterna amicizia.
Con il suo carattere gioviale amava trascorrere il tempo in discussioni su argomenti storico culturali quali ed esempio la difesa del dialetto, o i vari modi di dire o il significato dei proverbi visti come sintesi della sapienza popolare. Altre volte ci intratteneva con la sua vasta collezione di curiosità botaniche o faunistiche, ma era anche un formidabile narratore del suo nutrito repertorio di barzellette. Claudio sapeva anche cogliere il lato buffo e comico di alcune situazioni che si verificavano nelle attività scout e non, riusciendo a farle diventare una specie di “tormentone” come ad esempio: “Ehi baffo, pochi schei compra mai!” che era il modo con cui un ambulante nordafricano lo salutava in spiaggia e che lui ci ripeteva ad ogni occasione divertendosi. 
Oppure quando raccontava che a Parigi, durante un campo rovers in Francia nel 1960 per il gemmellaggio fra la città di Treviso e Orleans, visto il colorito della sua pelle fu scambiato per un nordafricano e, a quei tempi, si era da poco conclusa la guerra della Francia con l'Algeria.
Questo suo particolare modo di agire anche nell’insegnamento era stato colto molto bene anche dai suoi allievi di una terza superiore che riuscirono a raccogliere una collezione delle sue espressioni verbali e posturali caratteristiche e redigere con esse un divertente libricino che gli consegnarono a fine anno e di ciò lui andava molto fiero.
Per suoi ottant’anni, con una piccola cerchia di amici, abbiamo organizzato nel bosco del Montello, presa 10, una festa con caccia al tesoro dal titolo “ottanta anni di qualità” in cui seguendo una traccia costituita da foglie di fico Claudio passava per diverse prove che vertevano su storia dell’arte, botanica, latino, ornitologia, ecc. fino ad arrivare a comporre una mappa del luogo esatto dove era sepolto il tesoro. Altra serata di festa è stata organizzata in Casa Scout di Borgo Furo dal Gruppo TV2° con la partecipazione di quanti avevano collaborato negli anni con Claudio alla gestione e espansione del Gruppo TV2°, aiuto-capi e assistenti compresi.
La sua forte personalità faceva in modo che si mettesse naturalmente al centro dell’attenzione nei momenti conviviali e di comunità, per cui era diventato un punto di riferimento con cui confrontarci ma anche per confortarci con i suoi consigli e suggerimenti.
La sua improvvisa ed inaspettata perdita lascia perciò una sensazione di vuoto enorme impossibile da descrivere in tutti noi che lo abbiamo conosciuto e con lui condiviso decenni di fraterna amicizia.
Ancor oggi a volte mi trovo con il pensiero a dialogare con lui come la consuetudine mi aveva abituato; altre volte mi trovo a fare delle congetture di programmi di attività che inconsapevolmente considerano ancora la sua partecipazione; forse un modo del subcosciente per considerlo ancora tra noi perchè tanto intensa è stata la parte della vita trascorsa con Claudio.
Buona strada Castoro del fiume.
Gheppio (Paolo Poli)