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		Chi è stato per me Claudio Favaretto 
		 
		Scrivere di Claudio, raccontando in breve il 
		mio rapporto con lui, non è semplice perchè tanti sono i ricordi che mi 
		tornano alla mente e riesce difficile mettere insieme parole che 
		descrivano un’amicizia di 40 anni. 
		Quando Fiorenzo Barbaro-Capo Riparto di San 
		Pio X A. (di cui ero Aiuto C.R), che non poteva continuare nel suo 
		servizio, mi chiese se mi sentivo in grado di sostituirlo io accettai 
		sia pure con i timori di chi inizia un percorso di responsabilità e 
		impegno.  
		Trovai subito in Claudio, allora Capo Gruppo 
		del Treviso 2, una persona che mi diede immediata fiducia anche se non 
		ci eravamo conosciuti prima di allora perché io ero stato esploratore 
		nel riparto e poi rover nel clan di Santa Maria del Rovere. Questa 
		apertura di credito nei miei confronti mi colpì molto e non rimase 
		l’unica perché anche quando si trattò di prendere il suo posto di Capo 
		Gruppo, Claudio dimostrò nei miei confronti una generosa benevolenza. 
		Questi attestati di stima mi aiutarono ad affrontare con maggiore 
		serenità i servizi che mi erano stati proposti ma soprattutto mi fecero 
		capire che potevo contare su un uomo che mi avrebbe compreso e aiutato.
		
		  
		Il secondo ricordo di Claudio che mi rimane 
		nel cuore è la sua ironia talvolta pungente ma sempre fatta con 
		l’intelligenza di chi sa indirizzarla verso il difetto o la mancanza 
		piuttosto che verso la persona a cui è rivolta. Unita all’ironia, 
		l’altra sua grande dote era quella di affrontare situazioni complesse o 
		nelle quali era a disagio con garbo ma sicura fermezza mettendone 
		talvolta in evidenza l’aspetto ridicolo o assurdo. 
		Ricordo in particolare una assemblea generale 
		associativa tenutasi ad Assisi nel 1982 . 
		Noi trevigiani arrivammo all’appuntamento 
		dopo un bel po`di chilometri e alquanto stanchi. 
		 
		La sera del nostro arrivo era prevista una 
		veglia itinerante , che già affrontammo un po’debilitati, ma soprattutto 
		seguita da una cena definita “francescana” e che consistette in pane e 
		olive. 
		Claudio, immediatamente spalleggiato da 
		Luciano Furlanetto, diede istruzioni a noi capi novelli di raccogliere 
		più fette di pane possibile. Finita la cosiddetta cena francescana, noi 
		trevigiani demmo fondo a quanto ci eravamo portati da casa affettando 
		salami, formaggi, etc e, per non strozzarci nel mangiare il tipico pane 
		del centro Italia che ha una pasta consistente, fummo “costretti” ad 
		aprire qualche bottiglia di prosecco. La cosa poteva finire così ma la 
		voce si era ormai sparsa e fummo ben presto circondati da un buon numero 
		di capi di altre regioni che chiesero ospitalità. 
		 
		Naturalmente fummo lieti di condividere 
		quanto avevamo e, alla fine, ne venne fuori un bel momento di 
		fraternità. Claudio aveva capito che le intenzioni di chi aveva pensato 
		ad una cena povera si scontravano con la realtà di persone che erano 
		venuto in assemblea anche per un momento di festa e fu quindi capace di 
		rimediare a quella che sembrava quasi una punizione. 
		Ho molti altri ricordi che conservo nella mia 
		mente e che mi rendono sempre doloroso ripensare a Claudio. Sono sicuro 
		che, per non cadere in malinconia , lui mi avrebbe guardato con il suo 
		sorriso sornione e mi avrebbe detto “Toni desso bevemose un’ombra”. 
		Cinghiale Bianco  (Antonio 
		Zoccoletto) 
		  
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