Centro Studi e documentazione scout "don Ugo de Lucchi"

 

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Omelia di Don Lino cusinato

nella celebrazione del trigesimo

della morte di

mons. Giovanni Bordin

Chiesa arcipretale di Riese Pio X,

4 novembre 2010


Don Giovanni aveva trentatré anni, prete da nove, quando nel 1964, anni fervidi e inquieti del Concilio, accolse la proposta di mons. Spigariol di consacrarsi fra gli Oblati da lui avviati in diocesi negli anni Trenta.
Era da tempo il suo confessore e direttore spirituale, che conosceva profondamente l'anima e il costume di vita di questo giovane cappellano di S. Maria del Rovere. Lo invitò a fare della sua vita di fede e del suo ministero sacerdotale una oblazione di amore a Dio. Non si trattatavi di prendere le distanze dal prebiterio diocesano, tanto meno dalla chiesa di Treviso, ma piuttosto di entrarvi più profondamente dentro, facendo della disponibilità totale al Vescovo una scelta di spogliazione di sé, della vita comunitaria un'esperienza forte di carità fraterna - il riconoscimento dell'appartenenza a Cristo -, del ministero un esercizio di servizio a imitazione di Gesù servo per amore, anche nei pesi delle responsabilità pastorali; mentre a una regola di vita era affidato il cammino nelle virtù teologali e morali, alla povertà volontaria il gusto della libertà evangelica.
Don Giovanni vi è entrato, proprio mentre la Chiesa conciliare prendeva faticosamente coscienza di quelle che Papa Giovanni amabilmente chiamava "rughe", ma che in realtà si sarebbero rivelate piaghe del Corpo di Cristo, ancora sanguinanti. Bisognava amarla profondamente questa Chiesa, e servirla fedelmente e umilmente, se si voleva contribuire alla sua conversione, al suo rinnovamento.
Amo ricordare don Giovanni tra gli anni '60 e '70, ripiegato nello studio della figura santa ed eroica del vescovo Longhin, che nel tragico primo Novecento attuava la riforma voluta da Papa Pio X, curando personalmente la santificazione del suo clero. Ne fece subito il suo principale riferimento di vita sacerdotale e pastorale. La tesi di laurea pubblicata testimonia la serietà della ricerca, più ancora la partecipazione spirituale a quel modello di pastore, a quel programma pastorale, che segnarono la rinascita diocesana della prima metà del XX secolo, grazie alle generazioni dei "preti di mons. Longhin”
Egli vi si riconosceva, e trovava conferma dell'essere tra gli Oblati, dei quali il Longhin nel 1935 aveva approvato le Costituzioni, e che guidò quale Preposito fino alla sua nomina di parroco. Nel 1975, alla luce del Concilio, aveva rinnovato Costituzioni e Direttorio. Continuò a far conoscere il santo Vescovo in ogni occasione e in ogni modo, anche come direttore del settimanale diocesano La Vita del Popolo e del bollettino Maestro e Padre. Guidando, fino alla morte, l'Unione Apostolica del Clero, sempre propose ai sacerdoti la testimonianza e l'insegnamento del santo pastore. Sullo sfondo stavano la grande figura e la riforma di S. Pio X. Dio volle che don Giovanni per vent'anni fosse pastore di Riese, parrocchia natale del Santo, concludendo in essa la missione di uomo di Dio, offrendo a Dio il sacrificio di non ritornare nella comunità degli Oblati, amata e desiderata.
È stato un "pastore ispirato alla misericordia di Gesù Buon Pastore", come testimoniano la cura amorosa della sua comunità, dei bambini, delle famiglie, dei malati, e la comunanza fraterna e accogliente con i sacerdoti (con mons. Liessi e con i suoi giovani Vicari, coi preti del Vicariato), ma anche quel delicato e difficile ministero della misericordia che esercitò quale esorcista incaricato. Anche nei ministeri non parrocchiali don Giovanni è stato "pastore secondo il cuore di Dio" che aveva esempio ispiratore nel vescovo Longhin e nei confratelli Oblati diocesani. "Fratello confidente di tutti" - come è scritto nel suo testamento spirituale - nei molteplici servizi per ventisei anni in centro-diocesi: tra gli Scouts, con l'Azione Cattolica, nella direzione del giornale, nell'ufficio pastorale diocesano. Misericordia significa metterci fede e cuore nell'affrontare le responsabilità e le fatiche della Chiesa, con fiducia e rispetto delle persone, senza presunzione di verità, ma cercandola con fede e umiltà.
Lo ricordo nel periodo dei Convegni di Paderno - si era nel dopoconcilio fervente e scomposto - i quali furono possibili grazie a lui, quasi un garante presso il vescovo e la diocesi: favorì che la Chiesa si esprimesse in tutte le sue componenti, che facesse esperienze di comunione e partecipazione; creando poi i Consigli Pastorali parrocchiali e le zone pastorali. Il vescovo Mistrorigo ebbe in lui un mediatore intelligente e saggio, nei primi passi laboriosissimi del rinnovamento conciliare, che trovò nel Sinodo diocesano la prima importante sintesi.
Rivelano misericordia l'animo con cui egli gestì queste complesse e difficili responsabilità, la pazienza rispettosa, la determinazione nelle scelte pratiche, convinto che un passo dopo l'altro fanno percorrere più strada che le corse entusiastiche e affannose, perchè fanno camminare tutti, insieme, avendo attenzione a chi fatica maggiormente.
Don Giovanni è stato davvero un buon pastore, alimentato dalla vita spirituale e sacerdotale degli Oblati, dall'essere Oblato. Perchè il voto di obbedienza al Vescovo, la vita comunitaria, il legame profondo con il presbiterio diocesano, l'impegno ascetico, sono e sono stati per lui, fonti di grazia per conformarsi a Gesù Buon Pastore.
                     

don Lino Cusinato