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Poesia di Luigi Pianca.
Il professor Gigi Pianca,
amico della Fondazione Feder Piazza Onlus, ha inteso offrire la
poesia a memoria del 50° anniversario del Vajont, composta proprio
in concomitanza col lavoro del convegno e del libro “Preparati a
servire” svolto dal nostro Centro Studi.
Avendo gradito la poetica sensibilità di Gigi siamo a rendere
partecipi coloro che apriranno questa pagina.
Monte Tòc
“Quidquid
latet apparebit” (Dies irae)
1) Cade a pezzi, il Monte Tòc
(tale da sempre è la sua sorte)
tra Alpago e Cadore,
nell’incanto di Piave e Cellina.
Schiuma, tra forre, macigni e sassi,
il torrente suo Vajont:
tortuoso guata gole, foibe, incassi,
s’inabissa;
ma, se fischia tramontana,
in tormenta tutto si contorce,
mentre dal culmine scivola una frana….
Ameno appare all’occhio, pacato,
le spalle apriche (cespugli o prato)
quando, invece, uno iato,
un cerchio dantesco; è il fondovalle:
la roccia la schiuma strapazza
(s’odono, a tratti, echi da “selva oscura”
là dove Dante tremò di paura).
Qui si fa grumo, burrone o dolina,
ogni mossa del monte,
ripetuta o repentina.
2) Son
cinquant’anni,
oggi nove ottobre,
che, dalla labile cima,
lugubre, smottò, scendendo a valle
un’immane rovina:
terra, roccia, pietre e il vegetale.
La massa d’aria, d’un tratto spostata,
contro l’alta parete, di facciata,
un vento violento genera, mortale;
mentre l’ingombro, in un baleno,
s’inabissa nell’invaso strapieno
(una laguna in realtà senza senso)
dietro la diga che s’oppone,
a ostruire lo sfogo nel burrone
(muro di calcestruzzo,
canino aguzzo,
vertigine che al suolo si fissa).
Prima strazia, l’aria compatta, l’abitato,
poi il maglio dell’onda vibrato,
il letto del Piave inabissa.
3) Distruzione,
desolazione, morte!
Non malasorte, ma calcoli corrotti:
rilievi geologici truccati
(gli studi veritieri beffeggiati).
Poi, sulle ossa immobili,
false perizie, omertà servili,
processi deboli, sentenze labili
(duemila i morti, molti i disabili).
Era un affare di milioni?
Ai comuni, gli spiccioli per le spese;
ai superstiti, promesse disattese.
Questa la storia vera, ma non la sola!
L’opera era a rischio già nella parola.
Si sa che l’accento cambia il concetto2
(/ tóc/ e /tòc/ = compatto e pezzo).
Significati chiari in dialetto:
pei valligiani i tòc sono i pezzi.
Passava per matto chi gridava:
“Il Monte Tòc cade a pezzi!”
Nella realtà, fu tragica verità.
L.Pianca
Treviso, ottobre 2013
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