Roberto

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INTERVISTA SULLA ATTIVITA' SCOUTISTICA IN

ERITREA

Nella capitale Asmara, presso il Collegio intitolato a Giovanni Battista La Salle, facente parte dell’ISTITUTO dei FRATELLI delle SCUOLE CRISTIANE, sorse e visse lo scautismo italiano in Eritrea. L’Istituto dei FSC è  un’organizzazione con più di 1.000 strutture ed è tutt’ora presente in 82 paesi. Nei suoi collegi ricevono istruzione e educazione circa un milione di alunni. Lo scautismo di quel periodo fu affiliato all’ASCI, quindi prettamente maschile, e fu fondato nel primissimo dopoguerra.

 

Com’è stato il tuo ingresso negli scouts: per scelta personale, per suggerimento dei genitori, di amici o altro?

Ero un allievo del La Salle per le tre classi medie, le uniche che gestivano i FSC negli anni ’40. Frequentare quest’ambiente non significava solo andare a scuola, ma anche partecipare a tutte le altre attività svolte dai Fratelli. Alla fine del 1945, od all’inizio del ’46, Fratel Valentino, chiamato usualmente “ Vice” per la sua carica di Vice Direttore e che era il più impegnato nell’extrascolastico, propose di costituire un gruppo di Azione Cattolica, al quale aderii. Dopo qualche mese

Angelo Selvi

ebbe l’opportunità di fondare un Riparto di Scouts ASCI, ed io fui ben lieto di aggregarmi. Da notare che sia l’Azione Cattolica sia i Movimenti Scautistici erano stati aboliti sotto il regime fascista, e risorsero quindi dopo la fine della guerra.  Le persone più grandi, ivi compresi i miei genitori, non avevano alcuna conoscenza dell’organizzazione e delle finalità del Movimento. La mia decisione fu quindi basata esclusivamente su quanto ci spiegava in merito Fratel Valentino.

Le riunioni di riparto come si svolgevano, dove e quando? Se puoi racconta brevemente una riunione tipo.

La Sede era situata nel cortile della Cattedrale, a piano terra sotto il Collegio La Salle. Consisteva in un ampio locale, arredato spartanamente con un tavolone, sedie ed ogni Squadriglia arredava un proprio angolo con un tavolino ed un’alzata sulla quale era riportato lo stemma della squadriglia. Mediamente ci ritrovavamo a metà settimana per commentare le precedenti gite od escursioni, programmarne delle nuove, preparare i testi da inserire nel nostro giornalino ciclostilato “ Il Nodo” (purtroppo non ne ho salvato alcuna copia). Seguivano lezioni di storia dello scoutismo, informazioni tecniche sulle attività esterna, nozioni di pronto soccorso, interventi dell’Assistente Spirituale.  Ricordo che fu anche organizzato un ciclo ci conferenze interne, nelle quali ognuno di noi illustrava un punto della Legge degli Scouts. A me toccò il tema della lealtà, che si risolse in un vero “ flop” per la mia incapacità a parlare davanti ad un pubblico, anche se questo era limitato a pochi amici, o forse per la mia immaturità: allora, a 14 anni non eravamo svegli come sono al giorno d’oggi i ragazzi di quell’età e forse ero impreparato ad affrontare un tema di tale ampiezza.

La tua squadriglia era una "banda" di amici? Avevate momenti di vita autonoma?

Il riparto e le squadriglie erano sorte nell’ambito del La Salle: eravamo quindi compagni di scuola, provenienti da i più svariati rioni della città. Le “ bande “ di solito si formano tra vicini di casa, e questo non era il nostro caso. Eravamo comunque tutti legati da una buona amicizia e non ricordo screzi o malintesi tra di noi.  Come squadriglia, l’autonomia era limitata alla attività interna. Quella esterna era completamente compito del Riparto: la situazione ambientale non permetteva escursioni di piccoli gruppi in territori tanto vasti e senza mezzi di comunicazione.

Lo scoutismo si differenziava molto dall'Azione Cattolica?

  

Le mie esperienze in Azione Cattolica furono di pochi mesi, poiché passai molto presto allo Scoutismo.  Per quanto ricordo le riunioni erano più imperniate su sermoni dell’Assistente Spirituale, meditazione e pratiche religiose.  Nello Scoutismo trovai invece più azione, spirito di squadra, competizione sportiva, senza comunque trascurare il lato confessionale del Movimento.

 

                         

Nel tuo testo pubblicato sul sito del Chichingiolo descrivi l'importanza della Promessa, ti chiedo se vi erano difficoltà nel vivere il quarto articolo della legge, quello relativo     all'amicizia e alla fraternità. Ti chiedo questo sapendo le differenze di religione e di razza tra voi e gli eritrei che potrebbero essere state di ostacolo a relazioni     amichevoli e fraterne.

 

 

 

Non dimentichiamo che la struttura sociale in Eritrea era stata improntata sulla base della leggi razziali, che imponevano una separazione tra Italiani ed Eritrei nella scuola, nei rapporti di lavoro, nei trasporti, nei locali pubblici ed anche nei rapporti interpersonali. Quest’ultimo punto fu il primo ad essere praticamente infranto: l’immigrazione era stata prevalentemente maschile ed aveva generato moltissime coppie di fatto che non sarebbero state mai regolarizzate, anche perché chi si trovava una compagna eritrea, spesso aveva un’altra famiglia in Italia. Naturalmente queste nuove famiglie erano anche prolifiche, ed i nati in tale condizioni, se riconosciuti dal padre, erano assimilati ai cittadini italiani e godevano degli stessi diritti. Nelle scuole per esempio, e quindi anche al La Salle, vi erano numerosi italo-eritrei, e così pure nel Riparto. Devo ricordare che la mia permanenza ad Asmara cessata nel 1948: dopo tale data, ritengo che anche gli eritrei fossero ammessi alle scuole e quindi anche nello scoutismo : le documentazioni fotografiche degli anni 60 e 70 mostrano gruppi misti, ma non ho testimonianze sui rapporti interpersonali che si creavano. Nell’ambito scolastico e scoutistico non avevamo quindi rapporti con eritrei, ed almeno personalmente non ho mai fatto alcuna discriminazione con i compagni italo-eritrei : ricordo con affetto l’amicizia che mi legava a Pollera, Longhi , Formenti ed altri.  L’ambiente di rione, dove naturalmente si formavano piccoli gruppi o bande, riservava qualche maggior contatto con gli eritrei, che tuttavia difficilmente sfociava in amicizia o compartecipazioni ai giochi. Incontravamo i ragazzi eritrei che venivano a vendere fichi d’india , altri frutti o noci di palma dum per la fabbricazione delle trottole, oppure acquistavano bottiglie vuote o rottami : erano l’unica nostra fonte di guadagno in quanto all’epoca non esistevano le mancette. Non ricordo contrasti od inimicizie con questi ragazzi, e gli incontri erano sempre rapportati a cordialità. Queste mie deduzioni sono strettamente personali : per carattere, e forse per il fatto di avere una cugina italo- eritrea, non ho mai considerato “diversi” quanti di altra etnia o religione.

 

Facevate campi estivi (in Italia si dice così, in Eritrea è sempre estate) in tenda, della durata di una due settimane? Come era l'organizzazione della vita da campo, che attività facevate? Cucinavate voi? Che precauzioni mettevate in atto, a protezione di animali feroci?

Come ho accennato poc’anzi l’attività esterna subiva forti limitazioni a causa della situazione di insicurezza che regnava al di fuori delle città. Prevalentemente facevamo gite giornaliere nelle vicinanze, in luoghi sicuri, e sempre a Riparto completo accompagnati dal Capo Riparto (Fratel Valentino prima , Fratel Clemente poi) dall’Assistente spirituale o da altri.  Le escursioni di più giorni avevano come punto di appoggio Missioni o grandi aziende agricole, per il pernottamento e per i pasti, generalmente preparati dai nostri ospiti. Non abbiamo mai dormito in tenda o cucinato. Gli animali più feroci in zona potevano essere le jene, naturalmente lontano dai centri abitati, ma data la caratteristica dei nostri spostamenti non abbiamo mai avuto modo di preoccuparcene.   

Ad Asmara c'erano le Guide e se c'erano che notizie ci puoi dare su di loro?

Nel periodo di mia permanenza, eravamo tutti maschi.

Ultima domanda: rientrato in Italia, a Milano, ti sei imbattuto nel mitico Milano 1° di Baden (mons. Andrea Ghetti) e delle Aquile Randagie, hai notato delle differenze tra lo scautismo che avevi vissuto in Eritrea e quello milanese?

 

 

 

Baden era un uomo formidabile : sapeva parlare ed ascoltare, ti metteva a tuo agio e riusciva a far esternare il meglio di te stesso . Non mi sono mai trovato a disagio dinanzi a lui, pur essendo io di natura molto timida.  Nel troppo breve periodo che ho frequentato il Milano 1° , che ho dovuto lasciare per trasferimento della famiglia a Torino, ho imparato moltissime cose.  Innalzi tutto l’attività esterna, che qui in Italia era possibile esercitare in pieno.  Per la prima volta ho assaporato la gioia del campeggio, il dormire sotto la tenda, cucinare sul fuoco del bivacco, di effettuare gite di più giorni con la sola squadriglia in piena autonomia e sicurezza.  Tra le esperienze più significative posso ricordare la partecipazione ad un raduno di San Giorgio nel parco di Monza, un campo estivo a Laveno sul lago Maggiore, con annessa gita in barca a remi della sola squadriglia dei Castori alle isole Borromeo.  Nel Riparto vi erano dei Rover, alcuni dei quali (lo ho appreso solo adesso) avevano fatto parte delle Aquile Randagie.  Nel periodo della mia permanenza il Milano 1° stava organizzando il raid motociclistico Milano Oslo, che fu effettuato su Guzzini 65 cc, tranne Baden che portava una splendida Guzzi 250 o 500, naturalmente con sirena.  Il raid era destinato a raccogliere fondi per i Mutilatini di Don Gnocchi. Tra i partecipanti vi era Tino Giorgetti, ex Capo Squadriglia dei Leoni all’Asmara 1°. Eravamo tutti in gran fermento. La differenza del Milano 1° in confronto all’Asmara 1° era soprattutto che il primo aveva un solido background di esperienze diverse, mentre noi eravamo solo dei neofiti, sia pur colmi di buona volontà.

              

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