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SCAUTISMO OLTRE FRONTIERA, SCAUTISMO DI
FRONTIERA?
di Federica Frattini
Abbiamo ascoltato esperienze interessanti, significative che ci
hanno aiutato ad arricchire la conoscenza che abbiamo della nostra
storia scout.
Particolarmente interessanti e significative perchè fino ad ora
sconosciute.
Il filo che le accomuna e che dà il titolo a questo incontro è
quello della frontiera.
Vorrei quindi riflettere con voi proprio su questo tema della
frontiera a partire da una domanda assolutamente banale: cos'è la
frontiera?
Altrettanto scontate e banali le possibili risposte: un limite, un
confine, una soluzione di continuità nello spazio, qualcosa che
separa, che traccia una linea di appartenenza....
Di qui quelli che.... di là quelli che....
La frontiera traccia una linea di appartenenza... allora sulla
frontiera sono posto “fronte a fronte” con una realtà diversa.
La linea della frontiera può suscitare in noi due diversi
atteggiamenti: difenderla o oltrepassarla.
Il primo atteggiamento, quello cioè di difendere la frontiera, nasce
dal considerarla un elemento di sicurezza e di garanzia che protegge
dall'ignoto, dalla minaccia che in questo ignoto si percepisce.
Conosciamo tutti il deserto dei Tartari di Dino Buzzati.
Al di là dell'avventura umana del protagonista, possiamo chiederci:
cosa rappresenta per il tenente Giovanni Drogo la frontiera?
Certamente un limite che non può essere valicato, da difendere anche
a costo della vita.
Una linea di certezza minacciata da ciò che può provenire dal
deserto, nella consapevolezza che nulla di positivo potrà venire da
oltre la frontiera, perchè in quel momento verrebbe scombussolata la
consuetudine e la ripetitività di gesti e parole che gli sono
familiari e gli danno conferma del proprio esistere.
Il sentimento dominante è la paura, e ciò che dà significato allo
scorrere del tempo è l'attesa che qualcosa succeda, l'attesa della
“grande occasione”, di una occasione per essere eroi, per dare un
senso al proprio vivere.
Possiamo certamente dire che la cifra distintiva di una vita così
intesa è la mediocrità.
Questa una prima modalità di leggere la frontiera: qualcosa da
difendere.
Un secondo atteggiamento è invece quello di chi accetta di andare
oltre, di superare la frontiera, di affrontare l'ignoto.
E' l'atteggiamento che, storicamente, ha contraddistinto la storia
dell'umanità, seppure con obiettivi, modalità ed esiti diversi.
C'è chi è andato oltre per imporre il proprio dominio, la propria
cultura, la propria fede, ma anche chi lo ha fatto per portare
aiuto, per far conoscere la propria fede, per esplorare lo spazio
non ancora conosciuto.
E questo con modalità in linea con gli obiettivi: la conquista
cruenta, la conversione coatta, ma anche la disponibilità a mettere
a repentaglio la propria vita, a donarsi per gli altri.
Tutto questo ha determinato l'andamento della storia: la nascita
degli imperi (di ogni genere ed in ogni tempo), la selva di
Teutoburgo, la scoperta dell'America, la spedizione di Nobile e la
tragedia della tenda rossa, la cristianizzazione della Russia e i
martiri dei nostri giorni.
Un piccolo campionario, certamente parziale, di come nella storia,
fino ai giorni nostri, l'impulso ad andare “oltre la frontiera” sia
stato più forte dell'atteggiamento di fermarsi, di porsi a difesa
della frontiera.
Questo significa che se è vero che la frontiera divide, separa, è
altrettanto vero che la frontiera unisce, perchè appunto ci pone
“fronte a fronte” con una realtà diversa.
E questo nella macrostoria dell'umanità, come nella microstoria di
ogni uomo.
Sulla mia frontiera individuale sono posto “fronte a fronte” con
l'altro da me e posso vivere questa situazione come elemento di
divisione o come elemento di unione.
Cosa cambia allora? Cosa determina il prevalere dell'una o
dell'altra percezione?
Ancora una volta possiamo chiedere aiuto alle parole che usiamo
normalmente e che spesso non percepiamo in tutto il loro carico di
significato.
Di fronte all'altro da me posso pormi in un atteggiamento di
“confronto” o di “affronto”, posso cioè percepire l'altro come una
minaccia, un'offesa (un affronto appunto) o come una possibilità di
arricchimento, di scoperta, attraverso appunto il “confronto”.
E lo scautismo?
Se rileggiamo Scautismo per ragazzi non possiamo non vedere che B.-P.
dà un'importanza fondamentale all'atteggiamento della scoperta,
dell'andare oltre.... oltre i propri limiti (le proprie frontiere),
oltre i propri pre-giudizi, quelli cioè guidati da valutazioni
superficiali e affrettate (non per niente l'osservazione occupa un
posto importante nel metodo scout).
Oltre il proprio egoismo: dalla B.A. al servizo come stile di vita.
E tutto questo non è solo ciò che B.-P. ci “racconta”, ma è ciò che
ha davvero vissuto, soprattutto è l'atteggiamento con cui ha vissuto
l'essere “fronte a fronte” con l'altro negli anni trascorsi in
Africa, in India, ma anche in Inghilterra, sia nella sua giovinezza,
sia negli anni dopo Mafeking.
Se rileggiamo ciò che scrive dei Birmani che defin isce “il popolo
più felice della terra”, se pensiamo a ciò che dice degli Zulù “una
delle più belle tribù nel Sudafrica” e alla collana di Dinizulu “una
catenella lunghissima fatta di tanti pezzi di legno. Quei pezzetti
formano ora la Wood Badge” sono cioè il simbolo del capo scout,
l'insegna di Gilwell, se richiamiamo alla memoria come descrive i
Boscimani “.. talmente primitivi che appena appena sono superiori
alle scimmie .. non hanno una vera lingua .. non hanno indumenti
addosso … eppure essi sanno fare disegni straordinariamente belli
sulle pareti delle caverne e sulle rocce”.
Se ripensiamo a tutto questo scopriamo davvero un B.-P. del
confronto, capace di apprezzare e stimare anche il “nemico”, pronto
ad imparare da lui ciò che di buono e di bello ha da offrirgli.
Scopriamo anche che il confronto non è acquiescente, non si basa sul
“volemose bene”, non si nutre di attesa (ripensiamo a Drogo e alla
sua attesa dei Tartari), non è la virtù dei mediocri.
E' l'atteggiamento degli uomini di frontiera che B.-P. offre come
esempio ai suoi ragazzi: “i pionieri ed i cacciatori del Nordamerica,
i colonizzatori del Sudamerica, i cacciatori dell'Africa centrale,
gli esploratori e i missionari in Asia ed in tutte le altre regioni
selvagge del globo; i mandriani e gli abitatori delle foreste
dell'Australia, la polizia del Canada Nord-Occidentale e del
Sudafrica; tutti questi sono esploratori del tempo di pace, veri
uomini in ogni senso della parola”
E l'uomo di frontiera ha precise caratteristiche: è in grado di
badare a se stesso, sa trarsi d'impaccio sempre, perchè sa fare buon
uso di ciò che ha e di ciò che la situazione gli offre, è pronto e
capace per essere utile agli altri.
(“Essi sanno vivere all'aperto nella giungla, sanno trovarsi la
strada ovunque e conoscono il significato dei più piccoli segni e
delle impronte. Sanno salvaguardare la loro salute anche quando sono
lontani mille miglia da un dottore. Sono forti ed audaci, pronti a
fronteggiare il pericolo, e sempre desiderosi di aiutarsi l'un
l'altro. Sono uomini abituati a tenere in pugno la propria vita ed a
rischiarla senza esitare, se rischiarla significa servire la Patria.
Essi sacrificano ogni cosa, le loro comodità personali ed i propri
desideri, pur di compiere il loro lavoro. E questo fanno
semplicemente perchè è il loro dovere.
La vita di un uomo di frontiera è una magnifica vita, ma non può
essere intrapresa di punto in bianco da chiunque abbia ad un certo
momento desiderio di farla; essa richiede una certa preparazione.
Quelli che meglio vi sono riusciti sono coloro che hanno praticato
lo scautismo.”)
Essere scout significa allora essere uomini di frontiera, capaci di
andare “oltre” a “fronte alta” e in atteggiamento di “confronto”
Cosa significa “a fronte alta”? Banalmente potremmo dire che è il
contrario di “a testa bassa”.
Due immagini che non hanno bisogno di grandi spiegazioni. Possiamo
vederle plasticamente davanti a noi.
E' il passo sicuro di chi conosce la propria unicità (ciascuno di
noi è unico e irripetibile, ce lo dicono anche le impronte
digitali), e che, conoscendo la propria unicità, riconosce anche
l'altrui unicità, sa che non può esistere senza l'altro, ma sa anche
che riconoscere l'altro (accettare cioè che abbia la sua stessa
dignità, che meriti lo stesso rispetto che rivendica per se stesso)
significa riconoscere che esistono dei confini, dei limiti.
Ma questo significa anche che io esisto perchè esistono queste
frontiere, perchè esiste un altro che, limitandomi, mi dà forma.
Considerazioni filosofiche?
Una lettura superficiale della storia dello scautismo ha sempre
avvalorato l'interpretazione di uno scautismo nato con caratteri
pre-militari e passato poi nel tempo a forme più mirate di
educazione alla fraternità mondiale e di impegno per la pace.
Il più importante biografo di B.-P. (Tim Jeal) afferma, dopo aver
riportato il contenuto di un discorso fatto da B.-P. nel 1902 ad una
assemblea di insegnanti di Johannesburg:
“è strano e spiacevole che questa importante conferenza non sia mai
stata inserita in nessuna storia del movimento scout, perchè questo
avrebbe fatto esitare quegli storici che hanno insistito nel vedere
come obiettivo primario di Baden-Powell nel fondare gli scout l'idea
di assicurare alla nazione generazioni di ragazzi cresciuti per
essere soldati obbedienti e pronti al sacrificio. … L'impressione
costante è di un uomo interessato maggiormente all'educazione di
buoni cittadini che di soldati”.
In questa prospettiva è quindi evidente che lo scautismo oltrepassi
velocemente le frontiere nazionali. B.-P. pensa subito ad un
Jamboree per far vivere concretamente la fraternità che nasce dalla
conoscenza reciproca, l'amore (contrapposto alla paura) che nasce
dal rispetto.
Lo scoppio della prima guerra mondiale costringerà a ritardare la
realizzazione di questo progetto.
Un pensiero, quello della pace realizzata attraverso l'educazione
delle nuove generazioni, che attraversa tutta la sua attività, fino
alle parole del 1940, pochi mesi prima della morte, in piena seconda
guerra mondiale: “Guardate avanti. L'attuale terremoto della guerra
mondiale è una catastrofe causata dagli uomini. E può essere
riscattata solo dagli uomini. La generazione attuale non è in grado
di fare questo perchè gliene mancano le forze. Sarà compito della
prossima generazione far nascere la pace attraverso azioni
pacifiche.... Nessuno sa quale forma avrà questa pace, ma una cosa è
essenziale per una pace generale e permanente, cioè un cambiamento
completo dello spirito dei popoli tra loro, la ricerca di una più
stretta comprensione, il superamento dei pregiudizi nazionali e la
capacità di vedere con gli occhi dell'altro con spirito di
amichevole simpatia.”
Se guardiamo agli esiti, non possiamo che dire che tutto questo era
un'utopia.
Ma se guardiamo attorno a noi non possiamo che dire che solo chi ha
un'utopia, un sogno (l'I have a dream di M.L. King), chi crede
davvero e fino in fondo alla propria utopia, al proprio sogno è in
grado di cambiare il mondo.
Non chi ha pensato di abolire le frontiere, ma chi ha accettato il
rischio di oltrepassare la frontiera delle proprie certezze, i
confini della propria sicurezza, chi non è rimasto fermo ad
attendere l'occasione di scontro con i Tartari, la grande occasione
per essere eroi, solo questi sono gli uomini (e le donne) che hanno
fatto camminare l'umanità.
B.-P. affermava : “non è l'abolizione degli eserciti che abolirà la
guerra, come non è l'abolizione della polizia che abolirà il
crimine. Occorre sopprimere le cause della guerra: gli eserciti ne
sono piuttosto un effetto, il risultato della paura e dello spirito
combattivo”.
Potremmo concludere, parafrasando questa affermazione, che non è
l'abolizione delle frontiere che realizzerà la comprensione tra i
popoli.
Questa è l'utopia dello scautismo, il sogno affidato alla prossima
generazione, a ciascuno dei nostri ragazzi e giovani, perchè
sappiano realizzare ciò che la nostra generazione non è stata in
grado di realizzare, perchè sappiano essere uomini e donne capaci di
“andare oltre” e costruire un nuovo spirito dei popoli tra loro.
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