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LO SCAUTISMO ANTEGUERRA A SEGUITO DELLE COLONIE

di Andrea Padoin

Il periodo storico considerato ha visto nel nostro Paese una serie di cambiamenti politici e geografici radicali, di cui va senz’altro tenuto conto: nel 1910 il Regno d’Italia ancora non comprendeva il Trentino e la Venezia Giulia, ma allo stesso tempo con la Guerra Italo-Turca del 1911 e l’inizio dell’esperienza coloniale, entrarono a far parte del territorio italiano anche Tripolitania, Cirenaica (cioè più o meno l’attuale Libia) e altre zone dell’arcipelago greco.
Con l’avvento del Fascismo l’Italia espande il numero delle sue Colonie divenendo addirittura Impero nel 1936, ma contemporaneamente le associazioni scout erano già state sciolte per lasciare l’educazione della gioventù interamente nelle mani dell’Opera Nazionale Balilla.

SCAUTISMO ESTERO O COLONIALE?

Fin dagli esordi delle esperienze estere ci si pose il problema di una corretta definizione delle realtà d’oltreconfine: nei primi documenti del CNGEI che riguardano le sezioni egiziane, si parla di “Scautismo Coloniale”; questa dizione risulta a prima vista impropria in quanto l’Egitto non fu mai una colonia italiana. Il termine “colonia” tuttavia si riferiva - nel linguaggio quotidiano del tempo - a tutte le comunità estere di Italiani; esso venne peraltro quasi immediatamente corretto: nel Regolamento del Corpo del 1924 si distinguono infatti le Sezioni Coloniali da quelle Estere. Le prime sono diretta emanazione della Sede Centrale Nazionale nelle cosiddette terre italiane d’oltreconfine, le seconde, alle quali possono iscriversi solo cittadini italiani, nei paesi stranieri in cui vi fosse la presenza di forti comunità italiane.
Va notata la differente impostazione che si dà alle due realtà: non si fa menzione ad esempio alla necessità della cittadinanza italiana per far parte delle Sezioni Coloniali, mentre questo è prerequisito fondamentale per entrare in una Sezione estera, perché in questo senso andavano i trattati diplomatici con i vari paesi in cui esistevano comunità di Italiani.
Infine, una menzione particolare va fatta per la realtà statunitense, ove invece di creare delle Sezioni CNGEI di ragazzi italiani, si ottenne negli anni venti del secolo scorso la formazione di Gruppi completamente italiani in seno ai Boy Scout of America, l’associazione americana. Questa caratteristica dei BSA, di garantire “spazio per tutti” nell’unica associazione, ha permesso nel corso dei decenni di mantenere una compattezza ed una unitarietà associativa che difficilmente si riscontra altrove, complice anche una rigorosa protezione giuridica che non permise e tuttora non permette il proliferare di diverse associazioni scout.
Il periodo del secondo dopoguerra libera il campo da tutte le distinzioni e le considerazioni fin qui esposte: per Gruppi o Sezioni estere si sono intese a far data dal 1945 tutte le formazioni scout operanti al di fuori dei confini nazionali senza bisogno di ulteriori specificazioni.

MOTIVAZIONI POLITICHE O PEDAGOCICHE?

Possiamo ritenere pertanto - alla luce della situazione descritta - che l’espansione del Corpo Nazionale all’estero rispondesse ad una precisa scelta politica del fondatore Carlo Colombo fin dal suo inizio. Questa caratteristica di propagazione e tutela dell’italianità, che diventa nella pratica una precisa connotazione anche pedagogica, rimane in un certo senso nel DNA dell’istituzione, a volte sfociando anche in un atteggiamento esclusivista che in modo più o meno velato si andò contrapponendo all’esistenza di altre realtà scout nazionali, e segnatamente dell’ASCI. Lo Scautismo italiano all’estero, rileviamo infine, risentì in larga parte del fenomeno dell’abbandono dell’attività da parte dei ragazzi che raggiungevano l’età degli studi universitari: numerosi sono gli appunti e le testimonianze raccolte che segnalano la difficoltà di portare avanti l’attività per la mancanza di Capi o comunque di adulti che vi si impegnassero attivamente; in molti casi infatti lo sbocco naturale degli studi superiori (italiani) in terra straniera era l’Università in Italia, con il conseguente abbandono del gruppo intorno ai 18-20 anni. Faceva spesso da contrappeso la presenza dei religiosi, che in molti casi si impegnavano in prima persona non solo come assistenti ma come e veri e propri Capi per le Unità; ma questa situazione contribuì sicuramente all’assottigliamento dei numeri delle Unità operanti all’estero con il passare del tempo, fino alla loro completa scomparsa.

SCAUTISMO CLANDESTINO ALL’ESTERO?

Si hanno poche ma significative informazioni su alcune forme di scautismo italiano all’estero negli anni del divieto fascista. Un primo caso, che in verità non può considerarsi veramente clandestino, è quello della Sezione di Tunisi, come vedremo, per la quale l’ambasciatore italiano ottenne da Mussolini in persona la facoltà di continuare ad operare, non essendo possibile l’organizzazione dell’ONB in territorio francese.

LA PRESENZA DEL GUIDISMO ITALIANO ALL’ESTERO

A far da contraltare alla presenza maschile oltremare, ci fu – sebbene in misura estremamente inferiore – anche la presenza femminile, prima dell’UNGEI/ UNGVI e poi dell’AGI Poco o nulla sappiamo della Sezione del Cairo e su quella di Alessandria d’Egitto dell’UNGEI, poi UNGVI, se non che esistettero negli anni ’20. Simile discorso per il Ceppo AGI di Montreal, in Canada. Di più possiamo dire – e ne daremo conto nel libro – dei Ceppi AGI di Mogadiscio e del Cairo, operanti in modo piuttosto organico negli anni cinquanta e sessanta. Parlare di Guidismo, e cioè di movimento femminile, in paesi prevalentemente islamici e a quel tempo piuttosto arretrati socialmente ci induce a riflettere naturalmente sugli aspetti pedagogici di tali esperienze. Le ragazze italiane in Somalia, in Egitto o altrove sicuramente non godevano della stessa libertà d’azione dei loro omologhi maschi, né potevano rapportarsi con la società locale senza incontrare ostacoli culturali importanti. Ecco allora che la presenza di una proposta educativa al femminile serviva a dare maggior consapevolezza alle ragazze italiane della loro cultura d’origine, e creava per loro uno spazio di crescita individuale differente da quello delle loro coetanee indigene.

CONCLUSIONI

Se possiamo stimare in almeno 500 i ragazzi coinvolti nelle esperienze estere del CNGEI del dopo prima guerra mondiale, e in numero simile per quanto riguarda l'ASCI degli anni cinquanta e sessanta, risulta evidente che le cifre coinvolte non sono trascurabili, neppure in termini percentuali se riferite al numero complessivo dei censiti elle associazioni in Patria (l'ASCI contava negli stessi ani complessivamente meno di ventimila iscritti, ed il CNGEI dei periodo prescioglimento probabilmente non arrivò a diecimila membri).Negli anni ’40, ’50, ‘60 in Italia lo Scautismo cattolico per la parte maschile si chiama A.S.C.I., Associazione Scautistica Cattolica Italiana, e per la parte femminile A.G.I., Associazione Guide Italiane, mentre lo scautismo aconfessionale per la parte maschile è C.N.G.E.I., Corpo Nazionale Giovani Esploratori Italiani, e per quella femminile U.N.G.E.I., Unione Nazionale Giovani Esploratrici Italiane.

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