Stefano

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INTERVISTA SULLA ATTIVITA' SCAUTISTICA FEMMINILE IN

SOMALIA

L’AGI, Associazione Guide Italiane, in Somalia nasce, ufficialmente, a Mogadiscio il 4 Settembre 1955 con la “promessa”  pronunciata da un piccolo gruppo di ragazze schierate nel campo adiacente alla sede degli Scouts. La benedizione fu impartita da S.E. il Vescovo, Monsignor Venanzio Filippini e Padre Salvatore Colombo (che divenne in seguito lui stesso Vescovo - morì nel 1989 vilmente assassinato) ne fu l’assistente spirituale.

Ma come si era giunti alla formazione di questo primo gruppo?

Due anni prima erano arrivate a Mogadiscio dall’Italia  due sorelle: Annamaria e Cristiana Pecchioli.  Appartenevano ad un Reparto di Guide di Firenze.  Avevano fatto la loro promessa durante una tre giorni a Montenero (Livorno) e dopo un breve periodo di attività, erano partite, con la famiglia, per raggiungere il padre in Somalia. 

Anna Maria Pecchioli

A Mogadiscio alle due sorelle era capitato di incontrare degli scouts appartenenti al Reparto Mogadiscio I° (operativo già da diversi anni) a cui avevano raccontato della loro esperienza italiana.  Fu il Capo Reparto Felice Sarasino a proporre loro di fondare un Reparto di Guide.  Erano giovanissime (15/16 Annamaria e circa 14 anni Cristiana) e  giovanissime erano le amiche (Orsola Tomaselli, Luisa Caraccio, Adriana Pansa, Maria Laura e Lilli Bologna, Adriana Geloso, ecc. ecc.) con le quali costituirono la prima e unica  - tranne che per un breve periodo in cui il Reparto crebbe di numero - squadriglia.

A chi affidare il comando e la responsabilità del Reparto?

Si pensò alla madre delle ragazze: Graziella Massa Pecchioli che accettò di buon grado. E fece anche lei la promessa, salutata da un “urrà” poderoso di tutti i presenti. Sicuramente la nascita di un Reparto di Guide a Mogadiscio fu accompagnata e discussa con il Reparto di Firenze con cui ci fu un fitto scambio di corrispondenza, ma non mi è stato possibile rintracciarne i nomi.

Ci puoi descrivere le principali attività che avete svolto ?

 

ILa squadriglia dei “falchi”, colori rosso e blu, motto “vola e scopri” si riuniva in locali, non lontani dalla sede degli scouts, messi a disposizione dalla Missione Cattolica.  Lì si faceva attività,  si rifletteva sui temi dello scoutismo, si giocava e  si cantava.  Ogni riunione si chiudeva con un breve resoconto scritto, un diario, su quanto fatto

Graziella Massa Pecchioli, Capo Reparto delle Guide, aveva altri due figli, più piccoli, Edmondo e Stanislao, che andarono subito a far parte del primo gruppo di Lupetti che si costituì, con un’apposita cerimonia, esattamente una settimana dopo quella delle “guide”.  I due “lupetti” facevano attività con il loro reparto ma in più - per forza di cose - partecipavano con la madre e le sorelle a quasi tutte le uscite e i campi delle guide

 

Per la prima uscita si scelse come meta una località non lontana da Mogadiscio, era un posto dove crescevano giganteschi baobab all’ombra dei quali venne consumato un frugale pasto al sacco. L’ultima fu lungo la costa dove con grande difficoltà fu montata sul duro scoglio, una tenda, per ripararsi dal sole.

Facevate campi estivi (in Italia si dice così, in Eritrea è sempre estate) in tenda, della durata di una due settimane? Come era l'organizzazione della vita da campo, che attività facevate? Cucinavate voi? Che precauzioni mettevate in atto, a protezione di animali feroci?

Due sono stati i campi effettuati in quegli anni: uno a Brava di ben 24 giorni.  Fu montato in alto sulle dune a metà strada tra la Missione Cattolica e il campo che gli scouts avevano sistemato, più giù, in una radura dove c’era qualche albero e un po’ di verde: un’oasi.  Aveva tutto: una grande tenda dove dormire, una dove mangiare, la cucina, la tenda per la latrina (debitamente montata sottovento), furono scavati, come da regolamento, i canaletti tutto intorno alle tende e, al centro campo, una lunga asta per l’alza e l’ammaina bandiera (italiana naturalmente) che veniva fatta, a suon di fischietto, ogni mattina e ogni sera.  Gli scouts furono d’aiuto per la sistemazione.

Ad Asmara c'erano le Guide e se c'erano che notizie ci puoi dare su di loro?

 

Molta attenzione e molto tempo era dedicato alla cucina. Il fuoco veniva acceso in un canaletto abbastanza profondo perché il vento non lo spengesse con le due estremità ben orientate tenendo conto da dove spirava.  Il combustibile veniva raccolto durante le lunghe camminate.  E l’acqua? Questa era la grande fatica quotidiana.  Taniche in spalla e via a turno, a prenderla al più vicino pozzo.  Avere il campo scout vicino dava sicurezza.

Con loro si comunicava con l’alfabeto morse: di giorno con le bandiere e la notte con i “fanus”, i lumi a petrolio.

 

 

 

 

La giornata al campo scorreva veloce.  Tra esercitazioni, canti, osservazioni.  Ad esempio, le dune che sembravano aride e disabitate a perdita d’occhio, ospitano invece una vita intensa e attivissima, osservandole bene. Vivaci, deliziosi conviventi di qualsiasi campo erano i topini rossi.  Non davano fastidio e chiedevano solo qualche briciola di pane.  Più timidi e paurosi, lucertole e lucertoloni, grilli e serpentelli.  Lontani e mai venuti a visitarci, dig-dig, gazzelle, scimmie, facoceri e…leoni. Un giorno fu notato un viottolo battuto e ben segnato che destò la curiosità di tutte. “Da dove veniva?” “Nessuno sapere” fu la risposta. “Venire”e con una mano il somalo indicò l’orizzonte.   All’alba una lunga e silenziosa fila di cammelli lo percorreva e la sera altri, o gli stessi, lo facevano in senso inverso.  Forse da centinai di anni quella era la strada che dalla boscaglia portava all’acqua e nessuno aveva mai pensato di cambiarla. Trotterellanti, accanto alle madri, i piccoli e, accanto ai pastori, qualche ragazzo.  Cuccioli che, per tutta la vita, non avrebbero mai fatto altra strada, né visto altro mondo.

Il secondo campo la Capo Reparto lo organizzò a Merca dove aveva dei carissimi amici, i Gallotti: 15 giorni, alloggiate nei locali vuoti di una vecchia scuola in mezzo alla boscaglia.    Questa volta senza campo scout vicino.  Per andare e tornare da Brava e da Merca furono utilizzati bus militari messi a disposizione dal Governo della Somalia.

L’attività delle “guide” ci tenne molto impegnate e continuò per qualche anno.  Sicuramente con l’avvicinarsi dell’indipendenza della Somalia (1960) qualcuna andò via.  Forse il Capo Felice  Sarasino potrebbe ricordare meglio come quella bella avventura si chiuse.

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