Don Giuseppe Pettenuzzo

 

Al di là dei ricordi collegati alla sua missione di sacerdote che sicuramente qualcuno meglio di me saprà portare alla memoria, io vorrei soffermarmi su quello che più mi è rimasto impresso dall’incontro con Bepi.

La prima cosa che voglio ricordare e che mi ha colpito (proprio perché in quel periodo stavo per iniziare seriamente la mia attività di autore e attore di teatro) era la sua ironia nel valutare, considerare, analizzare le cose che accadevano, utilizzando l’uso della rima.

Erano chiaramente rime improvvisate, spesso tirate per i capelli ma che manifestavano la sua capacità di non prendersi mai sul serio.

Non fraintendete, essere in grado di scherzare, di giocare anche su cose che meriterebbero, per le “persone serie”, una forma più consona è un grande senso di profondità.

“Chi non scherza non è una persona seria” ha detto qualcuno e Bepi era una persona seria.

Poi c’è una seconda cosa che a dire il vero rimane sospesa nel mio giudizio, Io sono sicuro che lui l’ha capita anche se non ne abbiamo mai parlato, o forse abbiamo preferito non parlarne.

Procedo per gradi!

“Gli Alcuni” il mio gruppo di teatro, aveva formato una squadra di calcio fatta dagli attori e dai tecnici (che avevano ovviamente la priorità della convocazione).

Siccome non eravamo mai in undici per una costanza di defezioni, al sabato mattina andavamo alla ricerca di raggiungere il numero legale.

Una volta convincemmo uno ad aggiungersi al gruppo dicendo che saremo andati a vedere un concerto.

Abboccò!

Anche se la richiesta di portarsi le scarpette da calcio gli creò qualche dubbio subito sopito da una bugia di Francesco (mio fratello), abile da sempre a convincere anche la Disney ad acquistare i nostri cartoni animati.

Don Pettenuzzo era un ottimo giocatore, non ricordo bene quanto fosse abile nel dribbling, ricordo solo che aveva una “sventola” (leggi tiro) di assoluto valore.

Qualcuno propose di convocarlo.

C’era un problema che, moralmente non si poteva ignorare.

Per partecipare al torneo che era organizzato da un’Associazione di sinistra (a quel tempo c’era ancora la sinistra), bisognava avere la tessera dell’Associazione in questione.

Non sono sicuro che presentammo il problema a Bepi con i particolari e la correttezza che il caso avrebbe voluto, so solo che lo iscrivemmo e vincemmo la partita con due “sventole” del nostro centroavanti.

Ricordo questo fatto con una emozione fortissima, tanto sono sicuro che Bepi mi avrebbe detto, in rima:

“Il gioco del pallone non è un duello

quello davanti a me è mio fratello,

possiamo pensarla in modo differente

ma questo, forse, vale poco o niente!”

Avremmo sicuramente riso assieme perché la rima avrebbe avuto sicuramente bisogno di qualche ulteriore approfondimento!

 

Sergio Manfio