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			Ricordo di Luciano Furlanetto, 
			per gli   
			
			  amici Ciano 
			
			
			
			di Claudio Favaretto  
			
			
			
			 Ci conoscemmo sui banchi di scuola: era la 2a media, sezione F. La 
			scuola aveva sede in centro città, in un palazzotto del 1600, poco 
			adatto alla vita degli studenti e al di fuori di ogni attuale regola 
			antincendio, antisismica, senza vie di fuga, salvo quella 
			effettivamente usata delle scale al termine delle lezioni: era 
			proprio una via di fuga.  
			I banchi erano del tipo “compact”, in legno massiccio, con i 
			sedili facenti blocco unico con il piano di studio.  
			Per questo motivo, a me che ero piccolino, la distanza tra sedile e 
			piano risultava eccessiva, ma per Ciano, già sviluppato fisicamente, 
			era inadeguata per difetto, per cui le sue ginocchia sporgevano dal 
			piano di lettura.  
			Ciano era più alto di me, ma anche più grande, avendo ripetuto le 
			prime due classi. Egli non amava le materie teoriche, specie il 
			latino, ma aveva già una chiara predisposizione per il disegno. 
			Infatti, terminate le medie, frequentò con successo il Liceo 
			artistico. 
			 
			Nacque così tra di noi un sodalizio negli studi, per cui ci si 
			aiutava a vicenda, maturando un po’ alla volta un’amicizia profonda 
			che, salvo qualche periodo dovuto alle necessità che la vita 
			talvolta impone con durezza, è durata fino all’altro giorno.  
			
			
			 Ciano aveva esercitato subito su di me, come capita ai ragazzini, 
			un’ammirazione per la sua statura e, in qualche modo, per la sua 
			esperienza di vita: due anni sono molti a quell’età, per cui io lo 
			consideravo come un fratello maggiore. Ma c’era un grosso cuneo 
			nella nostra amicizia: egli faceva parte di una squadretta 
			parrocchiale di pallacanestro, mentre io ero da pochi mesi capo 
			squadriglia. Mi pareva che, se io fossi stato capace di catturarlo, 
			non ci sarebbe stato grande gioco o relazione di hike che i Castori 
			non avrebbero vinto. La mia tenacia vinse e Ciano entrò nello 
			Scautismo, che da allora divenne il suo mondo di riferimento 
			educativo.  
			Vorrei ricordare alcuni episodi della nostra comune vita scout, 
			altrimenti mi sembrerebbe che il ricordo si riduca ad una 
			elencazione di qualità. Al campo del 1958, svoltosi a qualche 
			chilometro da Taibon agordino, lui era già aiuto capo e utilizzava 
			qualsiasi scusa per andare in paese con la Lambretta 
			dell’assistente, anche più volte al giorno, per portare la posta, 
			diceva lui. L’allora capo campo, l’indimenticabile Checco Piazza, 
			compose per Ciano la seguente canzoncina: “Il postino della Val 
			Bissera, va in paese da mattina a sera, dove va, chi lo sa, per un 
			bollo, per un bollo va in città!”.  
			In tutti noi nacque il sospetto che la “tabacchina” dove 
			egli acquistava i bolli, fosse una bella ragazza.  
			 Per mancanza di spazio ricorderò solo un’altra caratteristica che 
			rinsaldò ulteriormente la nostra amicizia. Noi costituimmo la più 
			formidabile coppia di russatori che l’associazione abbia mai avuto! 
			Così, un po’ per non disturbare gli altri, un po’ perché gli altri 
			non ci sopportavano più, alle riunioni associative che si svolgevano 
			al chiuso, come nel famoso collegio “Cerini”, sceglievamo di dormire 
			nella stessa camera. Ma prima di infilarci sotto le coperte ci 
			dicevamo: “Vinca il migliore!” e dopo poco cominciava la 
			battaglia.  
			Appartiene alla storia associativa anche la presunta presenza di 
			orsi ai Campi scuola di Genga, mentre si scoprì che si trattava 
			“semplicemente” di noi due concertisti.  
			Ciano è stato un capo straordinario che diede il meglio di sé 
			durante la preparazione e 
			
			
			lo 
			svolgimento dell’EJ di Viterbo: sua l’impostazione pedagogica che 
			vide sempre al centro l’utilizzo di quel formidabile strumento 
			educativo che è la squadriglia. Fu tra l’altro uno scrupoloso Capo 
			Campo in svariati campi scuola, dove riuscì a fondere, in un solo 
			omogeneo messaggio la tecnica, il metodo, la liturgia e la 
			spiritualità.  
			La nostra assidua frequentazione per le numerosissime riunioni 
			romane, ci portò a salutarci, anche quando ci si trovava a Treviso, 
			alla “romana”: “A Cià!” “A Clà!”.  
			Attento ed affettuoso in famiglia, nonno tenerissimo, Ciano godette 
			solo ultimamente l’apprezzamento del grande pubblico per le qualità 
			artistiche. Ricordo una Via Crucis dove si fusero la poesia in 
			acrostici di Luigi Pianca, le musiche inedite del maestro Antonello 
			e gli acquerelli di Ciano che, proiettati sul grande schermo come 
			accompagnamento visivo del racconto evangelico, suscitarono intense 
			emozioni nel vasto pubblico presente.  
			Nello scorso mese di dicembre fu allestita nel Battistero del Duomo 
			di Treviso una mostra intitolata “Vedere il Vangelo di Luca”, 
			composta da 290 splendidi acquerelli di Ciano, così coinvolgenti che 
			il presentatore si rammaricò che il vivere appartato e schivo di 
			Ciano avesse privato la cittadinanza della sua creatività pittorica. 
			A Cià, uomo buono e leale, amico sincero e fedele, che la tua 
			sensibilità artistica ed educativa gioiscano negli spazi infiniti, 
			sotto lo sguardo amorevole di Dio!  
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