GABBIANO BIANCO E' TORNATO ALLA CASA DEL PADRE (Mons. Rino Olivotto) |
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Nato il 15 luglio 1928
Ordinato sacerdote
Specializzato in
Teologia morale
Docente di Teologia
morale
Dal 1971 Canonico del
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Dal 1985 Assistente del Gruppo TV2° Dal 1986 Assistente del Clan "la nuova strada" del TV2° Dal 1990 Assistente anche del Gruppo Ponzano Veneto 1° Brevetto di capo nel 2006
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RITRATTO-RICORDO
DI DON RINO OLIVOTTO
L'avevo incontrato per la prima volta per strada, mentre passeggiava con un comune amico, che me lo presentò. Era grande, massiccio, di fiero portamento, proporzionata la testa dove risaltavano i bianchi capelli rimasti nella nuca, vivacissimi gli occhi dietro le lenti di leggera montatura, grande la bocca dalle labbra carnose che si aprivano frequentemente in un cordiale sorriso. Era sicuramente una di quelle persone che non si dimenticano. Poteva avere fra i cinquanta e i sessant'anni. Qualche tempo dopo, per una di quelle sorprese imperscrutabili ed imprevedibili della Provvidenza, divenne l'Assistente ecclesiastico del Clan di cui ero allora il capo. E da lì cominciò una lunga e feconda collaborazione con gli Scouts d'Europa Cattolici, che ebbe termine il 22 gennaio scorso, con la sua dipartita. Ero andato a trovarlo pochi giorni prima, in seminario. Mi accolse, come di consueto, con cordialità affettuosa ed insieme ricordammo fugacemente, data la mia fretta, i begli anni condivisi nel servizio, a volte faticoso, ma sempre gioioso. Ci lasciammo con il proposito di rivederci presto. Ed invece... Mons. Olivotto, per noi tutti don Rino, era rimasto affascinato dallo scoutismo fin dal primo momento. Il rispetto delle regole, la lealtà, il senso del servizio gratuito, l'entusiasmo dei giovani anche di fronte alle difficoltà, la condivisione della fatica e della gioia, la Spiritualità della Strada, il rispetto e l'amore per il Creato, pallido segno visibile della bellezza del Creatore: tutto ciò era consonante con la sua personalità. Aveva studiato al Collegio Capranica di Roma, lì inviato dai superiori del seminario di allora, che avevano colto l'intelligenza e le risorse umane di quel giovane prete. Ritornato, insegnò per un trentennio Teologia morale in Seminario di Treviso. Eppure la sua cultura non pesò mai nei rapporti interpersonali, specialmente con i giovani che lo sentirono subito un loro fratello maggiore, capace di capirli, di sostenerli e di incoraggiarli. Così, se don Rino era rimasto affascinato dallo scoutismo, noi fummo affascinati da lui. Il suo spirito di servizio fu da subito esemplare, in sintonia perfetta con l'ideale proposto dallo scoutismo cattolico. Ricordo affettuosamente la sua prima esperienza di Campo Mobile, che fu anche il suo battesimo del fuoco. Essendo ormai avanti con gli anni e di corporatura poco agile, non seguì il Clan nelle impegnative tappe di montagna, ma lo raggiungeva, quando possibile, alla sera, nelle soste per il pernottamento. Quando ci si incontrava, era raggiante per il riuscito appuntamento e premuroso nell'offrirci tutti i generi di conforto che la sua macchina conteneva in abbondanza. Quella macchina gli serviva anche da riparo, perché, avendo tolti i sedili da un lato, ne aveva ricavato un vano giusto per il saccoletto. Era felice di condividere con noi la gioia del fuoco da cucina e la fraternità spontanea che scaturiva dai fuochi di bivacco. Amava moltissimo celebrare la Messa all'aperto, con l'altare allestito sul luogo con i mezzi di fortuna che la natura ci offriva di volta in volta. Si compiaceva di tutto ciò che il clan faceva, a partire dal luogo scelto per il pernottamento. "Ma che bel posto!" esclamava, anche se non sempre ciò corrispondeva a verità. Il suo ottimismo trascinava i giovani e i capi, che sentivano in lui una solida presenza e un virile aiuto. Pur dotato di grande carisma, si adattò sempre umilmente alla personalità dei capi con cui svolse il suo servizio, profondamente convinto della laicità dell'Associazione. Dopo aver ascoltato la relazione di un'attività ben riuscita, usciva con un'espressione rimasta proverbiale: "Godo!" ad esprimere una profonda partecipazione all'evento. Di squisita attenzione umana ed educativa, costruì tutte le relazioni interpersonali con profonda delicatezza, anche nei momenti più difficili e con le persone di carattere spigoloso. Caro don Rino, tu hai saputo infondere in tutti coloro che hanno avuto la gioia di conoscerti, il senso promettente della vita, riuscendo a far vedere, al di là delle difficoltà, un orizzonte positivo. Caro don Rino, tu hai saputo con noi godere delle piccole grandi cose che il Creato ci offre e ci hai fatto intuire che il cielo sereno altro non è che il lembo azzurro del manto di Dio. Buona strada, Gabbiano bianco!
Claudio Favaretto
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Omelie S.E. Rev.ma Mons. GIANFRANCO AGOSTINO GARDIN ,
Omelia nell’Eucarestia esequiale di mons. Rino Olivotto
Cattedrale di Treviso, 24 gennaio 2014
«Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14,6). Noi abbiamo la
certezza che, lungo tutta la sua esistenza, mons. Rino Olivotto ha
saputo riconoscere, amare e mettere al centro la persona di Gesù,
via, verità e vita. La sua fede è stata – così è parsa a chi lo ha
conosciuto – semplice come quella di un bambino, spontanea, quasi
naturale, serena, gioiosa. Noi siamo qui a pregare perché,
attraverso quel Gesù che egli ha amato e ha seguito, egli possa
giungere all’incontro con il Padre: «Nessun viene al Padre se non
per mezzo di me», ci ha detto Gesù (ivi).
Don Rino se ne è andato quasi in punta di piedi. Ancora venerdì
scorso aveva celebrato al mattino la santa Messa presso la Casa di
riposo Menegazzi, a San Giuseppe, come faceva fedelmente da oltre
tredici anni. Poi un breve ricovero all’ospedale per seri problemi
cardiaci. Ho avuto modo di visitarlo non molte ore prima del suo
decesso: era lucido e sereno. Sembrava mettere in pratica l’invito
che abbiamo sentito rivolgere da Gesù agli apostoli: «Non sia
turbato il vostro cuore.
Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre
mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a
prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un
posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io
siate anche voi» (Gv 14,1-4). Noi vogliamo sperare e pregare che don
Rino sia ora dove è il Signore, nel posto che gli è stato preparato,
a godere per sempre della sua presenza.
Presentandosi davanti al Padre che è nei cieli, don Rino porta con
sé quasi sessant’anni di vita sacerdotale, vissuta nell’amore alla
sua vocazione e nel compimento di numerosi servizi svolti in questa
chiesa di Treviso. Egli non ha mai svolto il ministero di parroco,
ma si è reso disponibile in tanti altri compiti, pur necessari alla
vita di una diocesi ricca di attività e di impegni.
Avendo riconosciuto la sua intelligenza, i Superiori lo inviarono
giovane sacerdote a Roma a specializzarsi in Teologia morale,
disciplina che poi insegnò nel nostro Seminario Maggiore per 35
anni. Per qualche tempo svolse anche il compito di vicerettore del
Seminario maggiore ed ebbe l’incarico di seguire la formazione del
clero giovane, in una stagione in cui alla formazione veniva
richiesto un particolare impegnativo aggiornamento a seguito del
Concilio Vaticano II.
Sono molte le parrocchie alle quali don Rino ha prestato il suo
aiuto pastorale in veste di cappellano festivo: Zero Branco, San
Lazzaro, Merlengo, Visnadello, la parrocchia della Cattedrale,
Briana, Sant’Elena sul Sile.
Nel suo servizio alla Casa di riposo Menegazzi don Rino incontrava
volentieri gli anziani e gli ammalati. Recava settimanalmente la
Comunione a quanti la desideravano, offrendo la possibilità della
confessione. Anche con coloro che svolgevano volontariato in quel
luogo si mostrava sempre – come mi è stato testimoniato in un
messaggio giuntomi oggi – caloroso nell’accoglienza, pronto ad
offrire suggerimenti discreti e ricchi di saggezza.
Dal 1971, nominato canonico, entrò a far parte del Capitolo della
Cattedrale.
Nel percorso dal Seminario, dove abitava, alla Cattedrale per
partecipare alla preghiera liturgica dei canonici, incontrava anche
persone che chiedevano l’elemosina: in lui trovavano sempre un prete
pronto ad aiutare.
La sua persona si caratterizzava per una schietta bontà d’animo e
per una spontanea capacità di relazione, dal tratto cortese e
gioviale: doti che lo rendevano capace di entrare in simpatia anche
con le generazioni più giovani che sapeva accostare con efficace
attenzione educativa.
Tale attenzione educativa si manifestò soprattutto nello scoutismo.
Sono molti i ragazzi e i giovani che don Rino ha accompagnato nella
crescita della fede e nella risposta vocazionale, aiutandoli a
costruire famiglie sane. Egli era sempre disponibile a partire per
una uscita o un campo scout. Amava la vita in mezzo alla natura
anche per quel senso di libertà che apparteneva alla sua indole. Tra
le sue “carte”, si è potuto scoprire con sorpresa una sorta di
diario quotidiano nel quale annotava gli incontri avuti e il
riassunto dei dialoghi vissuti.
Nel 2006 i responsabili del Gruppo Treviso 2° del distretto Treviso
Est delle Guide e Scouts d’Europa Cattolici chiesero la nomina a
“capo” del settantottenne don Rino, con questa motivazione: «Anche
se non ha partecipato per la sua età al regolare campo scuola,
chiediamo la sua nomina a capo come segno di affetto e riconoscenza
da parte nostra e di tutta l’associazione. La chiediamo per la sua
instancabile tenacia nel seguirci con il Clan, i Riparti ed i
Branchi del gruppo in tutte queste estati…». E il Direttivo
nazionale accolse volentieri la richiesta, «in considerazione e come
riconoscenza – veniva motivato – per tutto il servizio da lui
esemplarmente svolto in tanti anni per i nostri ragazzi» In effetti
don Rino aveva a cuore le persone e con tante persone sostava
piacevolmente. Agli occhi di chi vedeva dall’esterno, le sue
potevano sembrare talora soste eccessive; ma egli amava assaporare
la compagnia, ascoltare e condividere tante situazioni di vita.
Anche in Seminario, che era la sua casa, si sentiva in famiglia e
instaurava relazioni cordiali con tutti, anche con i preti più
giovani.
Dotato di buona memoria, si interessava di molte questioni e di
tante vicende umane, anche di persone semplici, o povere. È stato un
uomo e un prete che ha saputo stare al “passo con i tempi”. Benché
avanti negli anni utilizzava il computer e altri strumenti con cui
gli anziani non hanno solitamente molta familiarità. Era curioso di
ciò che accadeva nel mondo. Leggeva molto i giornali, ma curava
anche l’aggiornamento teologico e pastorale. Sulla sua scrivania
campeggiava in questi giorni la recente esortazione apostolica di
papa Francesco Evangelii gaudium la cui lettura egli stava
completando, certamente con il consueto interesse. Per la sua
attenzione culturale fu anche incaricato per alcuni anni, in qualità
di assistente, di seguire i Convegni di Cultura Maria Cristina di
Savoia, e sono certo che i membri di questa associazione gliene sono
sinceramente grati.
Non va dimenticato anche l’impegno di don Rino nell’Unione
Diocesana Addetti al Culto o Sacristi. Ha saputo animare gli
incontri annuali e le giornate di pellegrinaggio a livello
diocesano. Per alcuni anni ha pure ricoperto l’incarico di
Assistente nazionale della Federazione. Egli si interessava perché
quello del sacrista fosse un servizio riconosciuto e apprezzato.
Creava occasioni di formazione semplice e diretta, di convivialità e
di gratitudine. Scriveva nel 1998: «Il popolo di Dio deve
riconoscenza a questi indispensabili operatori della parrocchia, i
quali, con il loro lavoro diligente, anche se umile e nascosto,
rendono decoroso l’edificio che accoglie i credenti che celebrano i
misteri della loro salvezza».
Scriveva questo in una lettera di ringraziamento al Vescovo, mons.
Paolo Magnani, che aveva presieduto una celebrazione in occasione
del 35° della fondazione dell’Unione; una delle tante lettere,
raccolte in archivio, che don Rino ha indirizzato al Vescovo o al
Vicario generale. Devo dire che mi ha colpito, in molte di esse, la
delicatezza e la gratitudine espressa anche solo per piccoli gesti o
piccole manifestazioni di benevolenza ricevute.
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