di Enzo De Mattè
 

 

 
Ieri e oggi: due immagini il cui confronto rende con immediata evidenza le terrificanti proporzioni dei disastro. Chi da Belluno risaliva la vallata dei Piave incontrava le case dei Piave e delle sue piccole frazioni, sparse lungo le sponde dei fiume. Cinquemila anime, donne, uomini, vecchi e bambini vivevano in questa piccola vallata. Si conoscevano uno per uno. Longarone era la loro terra, il loro mondo.
In una notte d'ottobre, tutto è stato cancellato in pochi minuti: gli uomini, le case, la chiesa, la scuola, la caserma, le strade. Adesso non rimane che una pianura di fango. Le pagine che seguono parlano del servizio prestato da alcuni rover e del lancio di una Buona Azione che l'Associazione intende lanciare per i bambini di Longarone. Vorremmo dire loro che nessuno resta solo e che il sole tornerà a splendere di nuovo sulla valle dei Piave se avremo fede nella vita e la forza e la dignità nel dolore.
Il giardino d'infanzia che gli scouts italiani doneranno ai bambini di Longarone perché crescano felici, sarà anche ricordo in memoria di quelli che sono tornati alla casa dei Padre. Ringraziamo i nostri collaboratori Enzo Demattè, Arturo Gianolla e Alfonso De Salvador che hanno contribuito alla raccolta del materiale pubblicato.
Bisogna parlare di una buona azione, di un nobile servizio e di una altissima testimonianza data dai Rovers dell'A.S.C.I. 
nei giorni tragici della catastrofe del Vajont, e parlarne senza lasciarsi prendere dalla commozione e dalla giusta fierezza 
che queste cose hanno prodotto in noi, perché la semplicità dei fatti questa volta è veramente superiore ad ogni 
commento e la verità che ne esce non richiede se non di essere riportata senza aggiunte, per permettere a tutti di 
coglierla. 
Devo poi fare due altre premesse. Dire che è difficile parlare a nome di chi ha lavorato, quasi per il timore di usurparne il 
merito dei servizio e inserirsi in qualche modo indebitamente in esso. Questo è il mio caso, di commissario di una 
Provincia i cui Rovers. sono stati in prima linea nei giorni della sciagura, ma che personalmente ha potuto seguirli solo 
da lontano, indirizzandoli, difendendoli: (sì anche difenderli !).
L'altra premessa è che necessariamente, parlando dei servizio dei Rovers al Vajont, dovrò citare con maggior frequenza 
fatti ed episodi riferentisi all'attività dei miei Rovers, quelli della provincia di Treviso, ma che ciò non significa in nessun 
modo una diminuzione o dimenticanza di tutti gli altri. 
Comincerò anzi coi farne l'elenco, di tutti, o almeno di tutti quelli che mi risultano. Possono essere di più, e non sono 
certo di meno. Delle eventuali omissioni chiedo scusa in anticipo.
I Rovers delle province venete cominciarono ad affluire nella zona sinistrata venerdì 11 ottobre, il giorno successivo alla 
sciagura. Non che non abbiano tentato di arrivarci prima, ma le remore e l'incomprensione di certe autorità costituite 
hanno fatto perdere dei tempo prezioso e insegnato che non giova chiedere di fare, bisogna fare e basta ! 
Il giorno 11, dunque, erano già sul posto in servizio: 
Clan «N.S. della Strada di Treviso» e Clan «La Quercia» di Treviso per un totale 33 di Rovers 
Clan di Bassano dei Grappa 10 Rovers 
Clan di Mestre 10 Rovers 
Clan di Vittorio Veneto 5 Rovers. 
A questi si aggiunsero nei giorni 12 e 13 (che con i due precedenti furono di gran lunga i più impegnativi):
Clan di Conegliano con 11 Rovers e 24 volontari'
2 Rovers di Bologna. 
Da lunedì 14 a sabato 19, giunsero sul posto in successivi momenti 17 Rovers e Capi di Belluno, 16 Rovers umbri, 10 
Rovers di Milano (oltre diversi altri che operavano con la Croce Bianca).
 Ad essi vanno aggiunti, ed anzi messi al primo posto, gli Esploratori del Riparto di Mel di Belluno i quali, con alla testa il 
loro Capo, compirono in continuazione la pietosa opera nel loro stesso paese, dove le acque dél Piave avevano 
trasportato molte vittime della diga. 
In che cosa furono occupati i nostri ragazzi? Vien da pensare (e lo avevamo immaginato noi stessi) che, data la vastità 
dell'organizzazione di soccorso e di recupero ad essi fossero riservati lavori marginali, servizi secondari, imprese di 
completamento negli angolini dimenticati: servizi questi non meno degni per la nostra concezione scout. Ma la realtà fu 
ben diversa. L'organizzazione era vasta, ma per la sua stessa vastità, impacciata: le cose presero a filar bene solo dopo 
cinque o sei giorni: ma era nei primi giorni che l'urgenza si faceva sentire. Soldati e vigili dei fuoco erano concentrati a 
Longarone, entro la zona proibita del disastro, ma la metà delle vittime era stata trasportata dal Piave a 10-12-15 km. di 
distanza e giaceva sotto enormi ammassi di legname nelle anse e nelle secche dei fiume. A Cadola; a Fortogna, a 
Ponte nelle Alpi e più giù a Belluno e a Mel, i soccorritori erano pochi e non ben distribuiti, i volontari pochissimi, stuolo 
immenso i curiosi. 
 In queste località arrivarono alla chetichella e senza rumore i nostri Rovers, partiti con i propri mezzi e 
disposti a qualsiasi lavoro.
Può darsi che al primo momento le autorità locali non abbiano inteso del tutto il valore e il peso dell'aiuto che i Rovers 
veneti venivano a portare. Ma bastò poco, pochissimo, perché se ne rendessero conto. 
 Dopo averli visti lavorare per tre 
giorni e tre notti senza interruzioni, essi furono unanimi nell'esprimere nei riguardi di volontari scouts quello che una 
dichiarazione dei Sindaco del Comune di Ponte nelle Alpi esprime testualmente nei seguenti termini.

 
« Comune di Ponte nelle Alpi (Prov. di Belluno) 
Il Sindaco del Comune suddetto 
DICHIARA 
che i seguenti gruppi scout: Clan N. S. della Strada di Treviso 1°, Clan La Quercia di Treviso 2°, Clan di Bassano del 
Grappa, i 10 Rovers di Mestre, i 10 Rovers di Conegliano e i 2 Rovers di Bologna, guidati dai Capi (omissis per volontà 
degli interessati), hanno collaborato nei giorni 11, 12 e 13 ottobre 1963 con amorosa pietà ed al limite delle umane 
possibilità, sia alla ricerca delle salme sparse lungo il greto del Piave, che alla loro composizione nelle singole bare, 
riscuotendo il plauso e la riconoscenza di tutta la popolazione dei Comune. 
Un ringraziamento particolare viene rivolto a quei giovani scouts che hanno accompagnato di bara in bara i familiari e i 
conoscenti delle vittime per aiutarli nella pietosa opera di riconoscimento nonché quelli che hanno provveduto a vestire 
le salme che sono state prelevate direttamente dai parenti. 
Tengo inoltre a precisare che tutti gli scouts si sono presentati volontariamente ed equipaggiati e che la loro opera 
nell'ambito dei nostro Comune è stata esemplare, ammirata ed utilissima in quei giorni d'angoscia e di lutto. 
Càdola di Ponte nelle Alpi, 21 ottobre 1963». 
IL SINDACO
(Orzes Umberto)

 
Questa dichiarazione, rilasciata spontaneamente e senza alcuna sollecitazione, mentre premia i meriti di una parte dei 
Rovers accorsi, costituisce, a mio avviso, la più bella testimonianza dell'opera di tutti. Non penso che sia necessario a 
questo punto scendere nei particolari, anche se per molti aspetti essi sarebbero edificanti e degni di rilievo. 
Aggiungerò solo che i Rovers hanno lavorato in continuità, con semplicità, con rispetto, senza pesare su nessuno e 
senza approfittare di alcuna circostanza. Il loro senso della misura è stato pari alla serietà dei loro lavoro. la maggior 
parte di essi non ha neppure soddisfatto l'umana curiosità di vedere le rovine di Longarone e ha fatto ritorno per 
apprendere dai giornali e dagli schermi le visioni dei luoghi che a distanza di pochi chilometri avrebbero potuto visitare 
direttamente. 
Il loro servizio è stato tutto rivolto ai morti, sia nelle forme che la dichiarazione dei Comune di Ponte nelle Alpi ha 
indicato, sia coi trasporto e con l'inumazione di un numero notevolissimo di bare al cimitero appena scavato di Fortogna. 
Poche ore prima che là giungesse il Capo dello Stato, con tutta l'organizzazione presente, il compito dei seppellimento 
delle bare, che gli autocarri scaricavano in continuazione, era affidato solo a quattro stradini, che al sopraggiungere dei 
Rovers di Treviso si gettarono sui sassi, sfiniti. Negli allegati che unisco (non sono tutti, perché buona parte mi è sfuggita 
ed io mi limito a quelli apparsi per lo più sui giornali della regione) si trova qualche eco più particolare e si riportano 
alcuni episodi realmente accaduti.
Ma il giornale più importante della regione veneta, « fl Gazzettino », farisaicamente prono alle benemerenze ufficiali, ci 
ricompensava dei servizio e dell'esempio nel modo seguente, nel corso di un articolo di terza pagina dedicato agli 
episodi -«minori» di solidarietà. «Nella zona (frazione di Càdola) dove è la sede municipale, hanno dato particolare 
valida mano anche una trentina dì esploratori cattolici, venuti da altre province del Veneto i quali hanno bivaccato per 
alcune notti all'aperto, mantenendo servizio di guardia contro eventuali "sciacalli" in cerca di anelli e di orologi. Alcuni di 
quei ragazzi nel lavoro di raccolte e trasporto delle vittime, emozionati dalle terribili, circostanze, ogni tanto svenivano. La 
popolazione, allora, li incoraggiava dando loro da bere vino e grappa, sicché è accaduto che talvolta alcuni di essi siano 
finiti in sbronze paurose, barcollanti e piangenti nello stesso tempo ». 
Tralascio lo sdegno e l'amarezza dei miei Rovers ai quali quelle sconsiderate frasi si riferivano. Abbiamo protestato 
immediatamente con la lettera che come l'articolo si riporta in 
allegato. La questione ha assunto un carattere molto serio 
ed è ancora in corso, poiché nessuno di noi si è accontentato di una pretesa rettifica di poche righe che senza smentire 
nulla mirava solo a scagionare i Rovers delle province venete (e gli altri?). 
In generale gli organi ufficiali d'informazione, la radio, la televisione, i documentari cinematografici, tutti operanti di 
concerto nell'ambito ristretto di Longarone, dove lavoravano solo le forze pubbliche, non si sono accorti della presenza 
degli Scouts, ai quali hanno riservato solo rapidi accenni. Ben diversa la comprensione e la riconoscenza dei clero, 
dell'autorità comunali e della popolazione, che per noi vale di più anche se fa meno storia. I medici jugoslavi presenti 
con la missione di soccorso al momento della partenza, hanno dichiarato al C. P. di Belluno la loro ammirazione per 
l'opera dei nostri Rovers, dicendo che bastava loro quell'esempio di giovani per compensarli della fatica compiuta. 
A questo punto, cioè al momento di concludere, prima di passare alla seconda parte, relativa alla missione affidatami 
per il lancio di una buona azione generale, viene spontaneo di ripetere una frase abusata per dire che i nostri Rovers, 
esploratori e capi, che hanno lavorato al Vajont sono stati semplicemente meravigliosi. La bontà dei principi e la 
serietà con cui vengono applicati nell'A.S.C.I. non poteva avere migliore e più puntuale conferma. 
Ho parlato di concludere; ma non si tratta ancora di concludere. 
Mentre io scrivo, i Rovers di Treviso si trovano da sabato scorso (19 - 10) a Claut e a Cimolais nell'alto Friuli, dove, 
insieme con alcune sorelle guide, dirigono e tengono in piedi in tutti i servizi le colonie in cui sono accolti i profughi di 
Erto e di Casso.
Essi sono succeduti ai Rovers di Pordenone e saranno sostituiti alla fine della settimana da quelli di Conegliano e di altri 
centri veneti.
 Il servizio continua.