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Santa Messa | |
Omelia di don Roberto Cavalli |
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Mi è stato chiesto di fare una riflessione inerente l’enciclica “Laudato sì”. Ovviamente ho dovuto fare una scelta, perché parlare di questo argomento in pochi minuti è impossibile; quindi la scelta è caduta su quello che a mio avviso è l’elemento centrale, che ci aiuterà anche a vivere questo momento, e che non è un elemento messo vicino ad altri che hanno formato questa vostra iniziativa; il momento eucaristico è l’inizio e la fine di ogni nostra opera. L’enciclica parla verso la sua parte finale di una “spiritualità ecologica”, spiritualità che sta alla base del nostro impegno a prenderci cura del creato. Papa Francesco scrive: “Desidero proporre ai cristiani alcune linee di spiritualità ecologica che nascono dalle convinzioni della nostra fede, perché ciò che il Vangelo ci insegna ha conseguenze sul nostro modo di pensare, di sentire e di vivere; non si tratta tanto di parlare di idee, quanto soprattutto delle motivazioni che derivano dalla spiritualità al fine di alimentare una passione per la cura del mondo. Oggi celebriamo la solennità della SS.Trinità, cioè dell’identità di Dio; la caratteristica peculiare della Trinità è la diversità nell’unità, grazie alla cura delle relazioni tra le diversità nell’unità. Questa è l’identità di Dio, ma noi siamo stati creati a sua immagine, per cui la nostra vocazione comune è quella di trasmettere questa immagine di Dio, di diversità nell’unità e il tema che soggiace a tutta l’enciclica Laudato sì, è che tutto è connesso; questo ripropone il tema dell’unità nella diversità; noi non siamo una formica, ma siamo uniti alla formica; io non sono Fiore Barbaro, ma sono unito a lui da tante cose, da un’identità umana, adesso anche dalla sua attività di sacrestano a Fontane: Allora il momento culmine di questa relazione, ma anche di tutta la nostra vita, la “fons et culmen”, direbbe il Concilio Vaticano II, è proprio l’Eucarestia che stiamo per celebrare adesso; è l’incipit, il luogo cioè da dove traiamo le motivazioni, ma anche il fine di tutto, anche di questa attività che abbiamo svolto in questi giorni. Ricordo che da bambino ho avuto una maestra molto brava, che è stata maestra anche di altre persone che vedo qui, si chiamava Armida, e quando si presentò a noi ci disse che lei era la “maestra del perché”; non le bastavano le risposte che noi le davamo, ma lei chiedeva sempre : “perché”, ci ha abituati a cercare le motivazioni del nostro pensiero, del nostro agire, e di qualsiasi altra cosa. Qui ci chiediamo: “perché la preoccupazione per la cura del creato?”, perché lasciare questo mondo un po’ migliore di come l’abbiamo trovato?, perché questa giornata per ricordare un aspetto importante della personalità di Claudio, perché Claudio era così attento a questa cura del creato? Era solamente una sua inclinazione assieme ad altre? Cosa c’entra la fede cristiana con la cura del creato? Perché lo scout e la guida amano le piante e gli animali? Vi porto a fare un altro passaggio: quando sono entrato in seminario, in Teologia venivo etichettato da alcuni educatori come un panteista, in quanto elemento di estrazione scout, uno cioè che vede Dio in ogni creatura. Quando Francesco si è presentato, nella sua prima omelia, mi sono commosso, ho proprio pianto dalla commozione, perché mi sono detto che se il papa si esprime così… Dice il papa : l’universo si sviluppa in Dio e lo riempie tutto, quindi c’è un mistero da contemplare in una foglia, in un sentiero, nella rugiada, nel volto di un povero; l’ideale non è solo passare dall’esteriorità all’interiorità per scoprire Dio attraverso l’anima, ma anche incontrarlo in tutte le cose, il che non vuol dire che questo albero è Dio, ma in questo albero c’è la sua espressione. Allora è importante saper riconoscere l’impronta della matrice divina in ogni frammento di materia umana . Questo ci serve per capire il valore dell’Eucarestia, non riferita semplicemente al tema della natura che stiamo affrontando ora, ma riferita a tutti gli aspetti dell’esistenza. “Lo scout e la guida vedono nella natura l’opera di Dio; amano le piante e gli animali”, cioè riconoscono in tutto il creato l’impronta di Dio; non si tratta di essere panteisti, ma si tratta di essere credenti cristiani, a partire dal riconoscere Dio nell’uomo, magari nell’uomo più fragile. Allora il momento più alto del riconoscimento dell’opera di Dio nel creato è appunto quello che stiamo celebrando ora: l’Eucarestia. So che ieri avete svolto in maniera molto bella delle attività che avevate preparato con grande impegno e serietà; l’apice di tutto questo lavoro però sta qui, in questo momento, non perché lo dico io, ma perché ci rivela il senso, il valore e prima ancora le motivazioni di tutto quello che avete vissuto. E infatti dice ancora l’enciclica: “Nell’Eucarestia il creato trova la sua maggiore elevazione, il dono divino che tende a manifestarsi in modo sensibile, giunge a un’espressione meravigliosa quando Dio stesso fatto uomo arriva a farsi mangiare dalla sua creatura”, cioè l’Eucarestia diventa la pienezza della buona relazione di amore, di questa vocazione che è in tutti noi, cioè quella di creare relazioni di amore, tra di noi, ovviamente prima, ma poi con tutti, con i più fragili specialmente, ma poi conseguentemente con ogni altra creatura; siamo chiamati a stabilire una buona relazione, una relazione d’amore; è questo il fondamento per la passione per la custodia del creato. Perché dovrei custodire il creato, perché dovrei preoccuparmi dell’inquinamento, della maniera in cui si producono determinati cibi, o della distribuzione delle risorse nell’umanità? Allora nell’Eucarestia, grazie a questa azione del farsi mangiare dalla propria creatura, unito al Figlio incarnato presente nell’Eucarestia, tutto il corpo rende grazie a Dio. Perché tutto il corpo? Perché in quel pane e in quel vino, che sono materia, che sono costituiti della stessa materia del corpo di ogni essere vivente, in questo pane e in questo vino consacrati c’è tutto il creato, ovviamente riassunto in un segno, e Cristo che si fa mangiare crea con il creato una relazione perfetta di amore che noi come esseri umani siamo chiamati a far crescere per Lui (cioè attraverso Lui,), con Lui e in Lui. La formula liturgica che il sacerdote recita: “per Cristo, con Cristo e in Cristo” che dovrebbe essere cantata, con molta calma e attenzione, e non pronunciata come una cantilena, senza quasi darne il dovuto risalto, è il momento massimo di tutta la preghiera eucaristica, in cui il sacerdote a nome degli uomini e di tutto il creato presenta a Dio l’offerta del Figlio che ha donato la vita e attraverso questo gesto ha santificato, ha amorizzato, ha creato una relazione perfetta con tutto il creato; cioè il sacerdote presenta a Dio tutti i gesti, le azioni, le parole che tutti noi abbiamo compiuto in questa direzione, nella direzione di amorizzare il creato; è un gesto bellissimo, immane, ed è sintesi anche di tutta la cura ecologica da parte del cristiano verso il creato. Forse sono cose che sentite per la prima volta, ma dobbiamo educarci a questo. Io l’ho scoperto da poco, leggendo un libretto di Ioannis Zizioulas, che è un teologo ortodosso che ha contribuito al cinquanta per cento alla stesura della Laudato sì assieme a Papa Francesco, tant’è vero che l’ha presentata lui, neanche un cattolico, ma lui, ortodosso. E’ un testo molto difficile, intitolato “Il creato come Eucarestia” e vi troviamo tutte le motivazioni; perché impegnarci a curare il creato? Perché il Signore nella logica dell’Eucarestia, cioè del dono, ci chiede di collaborare per Lui, con Lui e in Lui a creare relazioni di amore? Per mettere tutte le creature nella condizione di poter lodare Dio; questa è la finalità. Perché per poter mettere un povero nella condizione di lodare Dio devo preoccuparmi di lui, della sua condizione, aiutarlo. Lo stesso vale anche per un albero; come loda Dio un albero? Noi uomini lodiamo Dio attraverso l’arte, la poesia, il lavoro; l’albero loda Dio con il suo esistere, allora lo devo aiutare ad esistere, per quello che è. Tutto troviamo sintetizzato nella formula “per Cristo, con Cristo ed in Cristo”, la nostra vocazione è amorizzare il mondo, diceva Arnaud Desjarden. (Nella registrazione il nome è poco comprensibile, ma da una ricerca ho trovato questo autore di libri sulla spiritualità…) E’ il nostro compito di esseri umani, la nostra unica e comune vocazione. Lo scout, la guida amano le piante e gli animali perché sono chiamati da Dio ad amorizzare il creato; ogni cristiano è chiamato a prendersi cura dell’umanità e del creato per amorizzare il mondo per Cristo, con Cristo e in Cristo, e sono convinto che la passione di Claudio per la natura fosse fondata proprio su questi principi. Prima ho chiesto ad ognuno che volesse ricevere l’Eucarestia di compiere il gesto di offrirla prendendola personalmente; questo perché Cristo non amorizza l’Universo da solo; in quell’offerta si unisce anche l’offerta nostra, umana; ripresenteremo al Signore la nostra umile offerta che nella consacrazione verrà divinizzata; per questa volta (i liturghi mi perdoneranno), la formula “per Cristo, con Cristo e in Cristo” la reciteremo insieme, lentamente, meditando le parole che stiamo pronunciando. |
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