|
Gli
anni ruggenti si potrebbe dire. Infatti il decennio che sta a cavallo fra gli
anni 60 – 70 del secolo scorso fu cruciale per gli eventi che si
verificarono sia in campo ecclesiale (si era appena concluso il Concilio
Vaticano II), che sociale e politico: il movimento studentesco, sfociato nella
contestazione globale che investì violentemente la società. Sullo sfondo, ad
aggravare tragicamente il quadro, il terrorismo delle Brigate Rosse. Le
ripercussioni sul mondo giovanile furono inevitabili e, per alcuni versi,
provvidenziali. C’era un
fermento di idee che non poteva non coinvolgere lo Scoutismo italiano, specie
a livello dei Capi e della Branca Rover, la più interessata per ragioni di età.
Fu forse allora, in quell’epoca tormentata, che Giorgio diede, come capo, il
meglio di sé. Il suo contributo al dibattito in corso fu sempre puntuale,
appassionato e insieme equilibrato, come emerge anche da alcuni articoli
comparsi su “Strade al Sole”, la rivista della Branca, di cui Giorgio fu
per due anni caporedattore. Sono
anche gli anni in cui si apre nell’ASCI e nell’analoga associazione
femminile AGI (Associazione Guide Italiane) il dialogo sulla coeducazione, che
porterà prima al Patto Associativo e alla Comunità Capi (anni ’70 –
’72) e poi alla nascita di un’unica associazione, l’AGESCI, nel 1974. Ma
Giorgio, pur avendo contribuito fattivamente al dibattito e, favorevolmente,
alla soluzione unitaria, non entrò nell’AGESCI (che riteneva destinata alle
nuove generazioni), ma accettò di affiancarla in attività in cui fosse
richiesta la sua provata
esperienza, come ad esempio la Formazione capi. Questo delicato e importante compito educativo lo vedeva favorito per la sua preparazione intellettuale, l’apertura mentale e la capacità di dialogo con i giovani e, non ultima, la sua attitudine alla vita rude, dato che i numerosissimi campi scuola, da lui diretti in due decenni (20 – 30), si svolgevano naturalmente sotto la forma di campo-mobile. Qui
bisogna fare menzione della sua invidiabile costituzione fisica, un altro dei
talenti che egli ricevette e che mise costantemente a frutto. Coltivava il suo
corpo con lo stesso spirito indicato da B.P., cioè per essere in grado di
rendersi utile agli altri, oltre che per il piacere stesso della vita a
contatto con la natura. Era proverbiale la sua resistenza alla fatica, la
naturalezza con cui affrontava le marce e le notti all’addiaccio, mettendo
spesso in imbarazzo i suoi più giovani allievi. La
predilezione per la vita all’aperto si manifestava d’altra parte anche
fuori dell’ambito dello scoutismo, negli sport che egli praticava a livello
amatoriale, con risultati apprezzabili, come il podismo e lo sci. Nel ’76,
a 45 anni, fu lui a fondare a Treviso la società di sci di fondo, nella quale
coinvolse partecipanti di tutte le età e interi nuclei famigliari in un sano
e salubre divertimento. Ma questo è solo uno dei tanti aspetti della sua poliedrica e completa personalità. Infatti, nello stesso periodo, in risposta ad esigenze di segno diverso, avvertite fin dalla giovane età (cioè la sua inclinazione alla riflessione, al ragionamento e allo studio), frequentò, quale nutrimento della mente, la facoltà di filosofia a Venezia, senza giungere alla laurea, che d’altra parte non gli interessava.
|
||||