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Ricordo di Valdo (15 febbraio 2003)

Se penso a Valdo, mi viene l'immagine di un uomo semplice. 
Me lo ricordo con una chitarra, mentre suona qualche pezzo di Guccini, il suo cantautore preferito, oppure mentre tenta di improvvisare pezzi di blues veneto (el meòn se bon). 
Da quando l'ho conosciuto ha sempre vissuto solo; incarnava un modo di essere nel quale chiunque, almeno una volta nella vita, vorrebbe trovarsi. 
Valdo, a partire dal nome, era assolutamente caratteristico; non ha mai posseduto un'auto o una moto, e si spostava sempre in bici; non ha mai avuto il telefono, nemmeno un cellulare.
Valdo aveva un carattere troppo libero per una relazione.
In gioventù andavamo spesso in giro assieme, la domenica; poi arrivano le morose e le mogli, e molte amicizie si perdono di vista. 
Non ci frequentavamo più, ma ci incontravamo ogni tanto, per caso, magari a qualche cena, oppure girando in città; in quelle occasioni, dopo un rapido aggiornamento reciproco su quel che ci accadeva nella vita, ci parlavamo come se ci fossimo visti il giorno prima.
Ogni volta che passavo davanti a casa sua, a Lancenigo, davo sempre una sbirciatina, e se vedevo la bici appoggiata al muro pensavo "Valdo è a casa!", oppure, se tutto era chiuso, mi dicevo "Valdo è via.", e questi brevi momenti erano dei piccoli rituali, brevi pensieri che, chissà perché, mi rassicuravano.
Valdo mi mancherà.

Roberto Pizzolato

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