Centro Studi e Documentazione Scout "Don
Ugo De Lucchi"
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"Vi troverò ancora fedelissimi, buoni, generosi, leali..."
Il ricordo di don Ugo, per i ragazzi che abitavano a S. Maria del Rovere nel primo
dopoguerra, è sempre motivo di forte sentimento di riconoscenza, di affetto, di
amicizia.
Le vicende, le difficoltà delle famiglie, una buona parte ritornavano dallo
sfollamento, sono note. I bambini e i ragazzi di quel periodo hanno avuto un gran
fratello in don Ugo. La caratteristica dei suoi incontri era la semplicità, il sorriso
che ave va con tutti, ci trattava come "piccoli uomini".
Il dono dell’amicizia di don Ugo l’ho capito e vissuto nel campeggio scout a Borca
di Cadore nell’estate del 1948.
Sono immagini, giornate che rimangono impresse per
tutta la vita: avevo 10 anni, dormivo nella branda a fianco di don Ugo, nella tenda
grande, a due teli, ma con diversi buchi, non ricordo bene: saremo stati forse una
dozzina in quella tenda. Ero lupetto, avevo fatto la promessa nel 1946, gli altri ragazzi
erano maggiori di 4-5 anni, erano esploratori riuniti in squadriglie. Oltre ai diversi
compiti che mi avevano affidato gli "anziani", svolgevo il servizio di chierichetto.
Diverse volte accompagnavo don Ugo a S. Vito, dalle suore, per la S. Messa. Partivamo
presto al mattino, verso le 5, prendevamo il sentiero che costeggia il Boite: il
contatto con la natura era completo, don Ugo, al massimo del suo entusiasmo,
interveniva indicandomi i colori che aveva all’alba il Pelmo, la grandezza dell’Antelao,
le cime delle altre Dolomiti che si intravedevano, i suoni armoniosi dei ruscelli
che scendevano nel Boite, mi segnalava gli scoiattoli, gli uccelli..., sembrava la
descrizione di un monumento musicale che ci avvicinava al Creatore.
Lungo il sentiero pascolavano le mucche, i montanari sui prati iniziavano a segare
l’erba. Erano momenti importanti, mi sentivo "grande"; accanto alla poesia della
natura, don Ugo mi preparava alla vita, parlandomi anche della storia, dei sacrifici
e della semplicità dei montanari. Ultimata la celebrazione, le suore c’invitavano a
prendere la colazione in un piccolo tinello, ricordo che mi abbuffavo con grossi
biscotti che all’epoca erano rari; don Ugo era contento e sorrideva.
Sono passati ormai 50 anni dai bei tempi e 40 dalla morte di don Ugo, ho terminato
il periodo attivo di lavoro. Durante questi anni, di fronte alle difficoltà, mi è
stato sempre di aiuto il ricordo del grande dono che don Ugo ci ha dato con i suoi
insegnamenti ed il suo esempio.
Nel 1952, durante la degenza di don Ugo nell’Ospedale di Asiago, ho intrattenuto
della corrispondenza, conservo con cura quelle lettere che hanno un grande valore
educativo e di umanità.
A conclusione di questi miei ricordi voglio riportare uno
stralcio della sua lettera datata "Asiago, 3 settembre 1952", dalla quale traspare la sofferenza
per la malattia e la nostalgia per la lontananza di don Ugo dai "suoi ragazzi".
« . . . Ora sto bene, speriamo presto di poter tornare. Non ti potrei però dire quando,
perché l’avvenire è nelle mani di Dio. Preghiamo e il Signore ci esaudirà. Sento che la
tua squadriglia va bene, me ne congratulo. . .
Se sapessi quanta gioia e quanto conforto mi danno queste notizie! Come desidero essere
ancora in mezzo a voi ! Se non è presente il mio corpo, è presente però il mio spirito e vi
vedo tutti ad uno ad uno ed in modo particolare il mio... "attendente" .Ti ricordi ? . . .
Ora sono passati degli anni, sei cresciuto; però conservi in cuore l’entusiasmo e la fede di
quei bei giorni.
Il nostro settimo
Amedeo Mazzon
(1) Per "settimo" si deve intendere "Treviso VII", nome dell’allora Riparto scout di S. Maria del Rovere .