Centro Studi e Documentazione Scout "Don
Ugo De Lucchi"
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La verità non confonde
Io avevo diciannove, vent’anni, don Ugo almeno trentacinque. Io ero Capo Branco,
don Ugo l’assistente ecclesiastico; in altre parole io ero responsabile dell’attività scout
di un gruppo di circa 20 ragazzini, dagli otto agli undici anni, e lui mi dava una
mano dal punto di vista religioso.
Era proprio così: nonostante il divario di età,
nonostante che lui fosse prete ed io un ragazzo che non vedevo ancora chiaro quale
sarebbe stata la mia vita, egli giocava con discrezione il proprio ruolo rispettando le
mie competenze, senza paternalismi.
Difficile dire ora quale fosse il nostro rapporto personale al di là di questi ruoli: era
una persona che sentivo piena di serenità, di senso dell’umorismo, di cultura vasta ed
insolita, che emergeva dal suo parlare in maniera così piana e semplice da sembrare
naturale come il buon senso di un saggio contadino.
Una serata nella sua stanza poteva
finire indifferentemente con lui che parlava di letteratura inglese, spiegava al pianoforte
come si passa da una tonalità all’altra, oppure conduceva una meditazione sul
Giudizio universale.
Avevi comunque sempre la sensazione di aver parlato, nella semplicità
di una serata passata con amici, di cose che rendevano la vita più bella e più
densa di significato.
Nell’équipe che si occupava del branco c’erano anche un paio di aiuto-capi. Ci trovavamo
da lui all’inizio della settimana: preparavamo la riunione dei lupetti per la
domenica successiva e dovevamo darci tempo per allestire il materiale necessario per
l’attività.
Secondo quanto è previsto dal metodo scout, nel gioco con i ragazzini assumevamo i
nomi dei personaggi del libro della Giungla e a don Ugo spettava il ruolo di Baloo,
l’orso saggio, maestro della legge.
Quasi ogni domenica alla riunione dei lupetti c’era
il momento di Baloo: don Ugo veniva ad una determinata ora, portando spesso con
sé delle caramelle (il miele di cui l’orso è ghiotto), e generalmente presentava una piccola
meditazione per i bambini cominciando con un racconto.
Il racconto lo preparava
con noi: diceva come lo avrebbe fatto, anzi se lo raccontava e noi, da bravi
"tecnici" del linguaggio infantile facevamo le nostre osservazioni, davamo i nostri
suggerimenti e lui la domenica seguente ripeteva pari pari il racconto come l’avevamo
concordato.
Quella volta l’argomento era la preghiera e si voleva raccontare una parabola di Gesù:
quella dell’uomo che bussa di notte per avere un pezzo di pane per l’ospite imprevisto
giunto a casa sua. Don Ugo, come al solito, sottopose al nostro vaglio il racconto:
"...così quello andò a bussare dal vicino. Il vicino che se ne dormiva tranquillo al calduccio
sotto le coperte accoccolato accanto alla moglie...".
Lo interruppi: "Don Ugo,
non mi sembra che questi siano particolari da mettere davanti alla fantasia dei bambini".
"Perché?", mi rispose, "I bambini vedono pure che il papà e la mamma vanno a
letto ogni sera assieme". E continuò a narrare.
La domenica seguente Baloo venne come previsto e cominciò a raccontare. Eravamo
in cerchio; mi trovavo alla sinistra di don Ugo, un quarto di cerchio più in là, tra due
sestiglie.
Arrivò al punto cruciale: "...se ne dormiva al calduccio, sotto le coperte...".
Continuando a raccontare mi cercò con lo sguardo; senza alterare l’espressione del
suo viso mi fece l’occhietto e continuò: "accoccolato accanto alla moglie...".
Nino Della Valle