torrente alla polvere di latte e facendo quindi bollire il tutto. Quasi sempre l’operazione riusciva bene, altre volte meno e noi, durante la celebrazione, riuscivamo a capire, con l’odorato, se tutto era andato per il meglio o se, per una distrazione della “mucca”, il latte avesse assunto il caratteristico odore “de brustoin” che pure era apprezzato da qualcuno. Alla fine della Messa, rotte le righe, si andava a prendere la gavetta per passare ordinatamente in fila a prelevare il pane e il latte; interessante è ricordare che uno di noi, cronicamente e tuttora affamato, avesse provveduto a munirsi di una gavetta in dotazione agli alpini con misura doppia delle nostre che a suo tempo erano state in dotazione alla fanteria, Quando la mucca” ci versava il latte nelle gavette. vedendolo disperdersi miseramente, si commuoveva e provvedeva generosamente ad una piccola aggiunta,
Alle ore 9 ci si rimetteva in abiti da lavoro perché la divisa era una sola e doveva naturalmente durare per tutto il periodo del campo senza essere lavata, e quindi iniziavano le vere attività scoutistiche (giochi di abilità, costruzioni, rilievi topografici ed escursioni).
Alle 11 si rientrava al campo ed a turno un componente per ogni squadriglia accendeva il fuoco e preparava il pranzo (pasta asciutta, minestrone di verdura e riso, etc. etc.).
Il piatto forte del mezzodì era la pastasciutta al sugo che veniva preparato con cipolla soffritta in olio o burro e conserva (concentrato di pomodoro); probabilmente i moderni dietologi potrebbero inorridire, Ma noi mangiavamo abbondantemente e, visti i risultati nel tempo, direi che non ci abbia fatto male. Succedeva spesso che il nostro assistente don Pio, ci chiedesse della pasta in bianco e noi, nella fretta di arrivare primi, si mescolasse tutta la pasta con il sugo costringendo lo stesso a mangiarla così. Purtroppo ci ha lasciato, ma negli ultimi incontri ci ha garantito che il nostro menù era sempre buono e che la fonte dei suoi guai di vecchiaia non era dovuta agli strapazzi forzati della dieta, Non appena la pastasciutta era ritenuta cotta, bisognava lanciare il grido: Sior Bruno... Formajo!! con questo grido si fissava l’orario di cottura per vincere la gara di cucina. Il capo arrivava e, assaggiata la pasta, concedeva una “grattatina” più dimostrativa che altro, di formaggio grana e dopo, quindi, potevamo iniziare il pasto. La velocità, congiunta alla qualità, faceva vincere i “totem” di cucina sia per il pranzo che per la cena.

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I secondi piatti erano a base di formaggio, estratto da scatole americane, oppure mortadella o poco altro.
Finito il pranzo, giusto per digerire, si andava al torrente con pentole, gavette e posateria varia per le necessarie pulizie. L’unico detersivo in dotazione era la “saponina” lontano antenato degli attuali detersivi che lavano, sgrassano e non rovinano le mani. La saponina andava unita alla sabbia del torrente, e con l’acqua gelida, bisognava togliere l’unto all’interno delle pentole ed il nero fumo all’esterno.
Non si ricorda se fosse prevista la siesta, ma di sicuro nel pomeriggio riprendevano le attività e i giochi.
Alle ore 18 si riaccendevano i fuochi per preparare la cena; il primo piatto, per la sera, era quasi sempre un minestrone con verdure e dado oppure il famosissimo “riso con patate”. La ricetta del riso con patate, prevedeva di far cuocere le patate con le cipolle ed il condimento e poi versarci il riso e portarlo alla cottura. Successe in qualche occasione di particolare fretta e/o difficoltà procurate dalla pioggia, che cucinassimo separatamente patate e riso per unire il tutto un attimo prima del fatidico grido:
‘Sior Bruno... Formajo!!”. I risultati qualitativi non si ricordano, si può senz’altro dire che nelle nostre mense non esistevano avanzi. Alla sera i secondi piatti erano intercalati dal famoso budino di cioccolata che andava a ruba soprattutto in quelle sere che il primo odorava di” brustolin”. Del menù quotidiano facevano inoltre parte tonno o sgombro in scatola, marmellata SATMA con contenitori di legno che alla fine venivano utilizzati ari- che per le nostre costruzioni e, l’antenato della Nutella, i formaggini di cioccolato Ferrero. Durante la preparazione della cena, in ogni squadriglia, uno scout, a rotazione, era incaricato di redigere un diario sulle attività della giornata.
Ore 20.00, al calare delle tenebre ci si radunava al centro del campo e, acceso il falò, ci si sedeva in cerchio per trascorrere la serata. L’intrattenitore era naturalmente il nostro capo ma, a turno, ciascuno di noi con la propria squadriglia era interprete di scenette che venivano tratte da libretti vari o copiate dal teatro dì varietà, in voga a quei tempi. Molte trattavano il tema della fame cominciando così: xe tre giorni che no magno. . . ecc. Famosa rimase una scenetta ambientata nel mondo dei pellerossa per cui la squadriglia che l’aveva ideata nascose un’ascia sotto una zolla di terra, nelle vicinanze del cerchio, per dissotterrarla

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