ta sempre la Maria), nel 1922 `... prima di andare in collegio ha fatto da attore col nome di Trancredi. ha fatto tanto bene, che tutti si domandavano...". Del pari abbiamo già riconosciuto alla fonte la sua esperienza della montagna; così la sua disponibilità verso i seminaristi più giovani, a farsi guida e amico in mezzo a loro...

Sono tutti particolari che si riportano ad una unica spiegazione: la vocazione sacerdotale non aveva mai represso, ma solo volontariamente compresso, la carica genuina di vitalità, di entusiasmo e di giovinezza presente in quella serena natura di ragazzo. Ed ora, via via che la vita gliene dava l'occasione o gliene imponeva la necessità, Arduino, divenuto sacerdote, poteva attingere senza sforzo a quel suo deposito di sensibilità, di freschezza e di meraviglia; poteva ogni volta combinarlo con le responsabilità del suo servizio e con le esigenze o le attese di quelli che gli si accostavano.

San Martino e don Arduino sono stati per quel decennio un sinonimo così forte di fede cristiana e di spontaneità giovanile che a noi che l'abbiamo vissuto riesce impossibile districarlo. Come al solito, gli anni successivi si sono incaricati di trarre tutte le conclusioni implicite in quella incubazione.

 Il maledetto 7 aprile 1944 fece saltare in aria tutto. La parrocchia di San Martino fu la più colpita dalle bombe in assoluto: sbriciolata all'ottanta per cento. Distrutta la chiesa, diroccata la canonica, fuggita la popolazione superstite, don Arduino e don Pasin presero la via di Caerano. Si erano salvati miracolosamente, con il sacrestano e la sorella del parroco, all'interno del vecchio campanile.

Il bravo cappellano ritrovò quindi la sua vecchia amata casa di 'Careàn', dalla quale purtroppo mancava ormai da qualche anno la dolce figura della madre. Penso ci sia permesso un breve e per noi sfumato ricordo di questa donna, di cui il figlio conservò un sentimento dolce e struggente, con una punta di pena tutta sacerdotale per non essere stato presente alla sua fine. Fu certo dalla madre che Arduino ricevette quella natura

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di delicatezza e di finezza avvertibile anche nell'aspetto. Ella seguì la particolare vocazione del figlio senza aggiunte personali di ambizione o di impazienza: badava che all'impegno corrispondesse la salute e pregava perchè il proposito avesse radici profonde. Era umile e prudente, come certe figure della storia sacra.

Ma abbiamo visto anche quanto acuto e premuroso sia sempre stato il padre, dietro la sua semplicità contadina. In quell'anno di passione e di rischio, fra il '44 e il '45, quell'uomo modesto e discreto non solo sostentò con amore il figlio impensatamente ritornato, ma dietro il suggerimento e le intenzioni del figlio fece della povera casa isolata nei campi un focolare spontaneo di ospitalità.

A questo proposito le testimonianze ci abbondano, e portano con sè anche una nota di ordine "politico" legata alle circostanze, sulla quale non abbiamo prima insistito, non sembrandoci giusto sovrapporre una patina di antifascismo o di resistenza militante a quegli interventi che don Arduino fece, sicuramente dietro un giudizio etico-politico, ma in primo luogo per sentimento equanime di solidarietà umana.

L'antifascista e il resistente autentico - com'era da aspettarsi - fu in quella situazione don Ferdinando Pasin, insieme con il fratello don Camillo, parroco di Caerano. Don Arduino vide, aiutò, collaborò, intervenne alla stregua della gente onesta e generosa fra la quale era cresciuto. E fu nondimeno una resistenza rischiosa e ininterrotta.

Ma scorriamo le testimonianze. La rima ci è data da una nota dell'amico R.B. che trascriviamo quasi intera per la vivezza del quadro che compone:

"È l'anno 1945 nel mese di marzo, quindi nel periodo immediatamente precedente la `Liberazione'. Siamo a Caerano ... la mia famiglia era costituita da nove persone: sette figli ed i genitori. I figli avevano un'età variabile da 6 a 16 anni ed era allora un serio problema soddisfare la fame di questa piccola tribù. Mio padre era un ex-fascista ed in quel periodo poteva

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