essere soggetto a qualche gesto sconsiderato. Si viveva perciò nella paura e con scarsi mezzi di sostentamento.

A questo punto appare don Arduino che con semplicità e naturalezza ci invita a trasferirci nella sua casa. Era una modesta casa colonica, costituita da una cucina a piano terra, che comunicava con la stalla nella quale vegetava una vacca. Al primo piano si trovavano tre stanzette in cui erano sistemati don Arduino, il padre e la sorella. Ancor oggi riesce difficile capire come sia stato possibile far entrare in quella piccola casetta i lettini biposto che hanno permesso a tutti una sistemazione. Siamo rimasti ospitati fino alla fine della guerra dividendo con i padroni di casa le scarse e modeste disponibilità alimentari provenienti dal piccolo appezzamento lavorato dal padre e dalla sorella di don Arduino. Si può immaginare cosa possa aver rappresentato il nostro arrivo in quella casa.

Il terremoto in una serra. Eppure nessuno della famiglia ospite dava segni di insofferenza alla nostra vitalità; sempre incontravamo sorrisi e sguardi di tenerezza...".

Superflui i commenti; eppure quell'episodio non è il solo. Altre testimonianze completano i "miracoli" di cui fu teatro quella poverissima casa, diffusa di spiritualità "nazarena"! Ecco quella di M.B.: "Freddo inverno 1944-45. C'era la guerra! Eravamo un gruppo di ragazzi caeranesi frequentanti la I media di Montebelluna, con grave pericolo per i continui mitragliamenti. Perciò molto spesso eravamo costretti a disertare le lezioni. Ed ecco la Provvidenza!

In quel periodo don Arduino si era rifugiato presso i genitori che abitavano a Caerano in aperta campagna. Subito egli ci accolse a casa sua per impartirci, quasi ogni giorno, due ore di `ripetizione' sulle materie principali... Ci accoglieva sorridente nella sua cameretta per istruire le nostre menti, ma anche le nostre anime! Infatti, almeno una volta alla settimana, dopo le lezioni, ci intratteneva, uno per volta, nella sua cameretta per la Confessione! E quante volte, allorchè arrivavamo con i piedi bagnati, dopo aver camminato in mezzo alla neve alta, fra i

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campi, pregava la sorella di provvedere per asciugarci le calze e prepararci una tazza di latte caldo!

E quell'anno fummo tutti promossi! Grazie alle "ripetizioni" che (se può essere importante il particolare...) lui ci impartiva GRATIS!".

Si è importante! Quei giovani piedi asciugati, quelle offerte di latte caldo, quelle lezioni impartite gratuitamente e quel corollario settimanale delle confessioni! È la sintesi di un servizio totale, compiuto tutto là; in quella casa e in quella stanzetta, francescane, in mezzo a tanti bisogni materiali, intellettuali e spirituali: tutti percepiti e soddisfatti in eguale misura, con lo stesso sorriso di bontà. Una pittura che non fa una grinza e che fissa ogni particolare per sempre, entro una cornice dove fede e umanità diventano sinonimi di una coerenza superiore.

Un'ultima testimonianza, non priva di risvolti drammatici, ci viene da C.M.: un'altra ragazza di San Martino trasferita a Caerano dopo il bombardamento, dietro l'invito del parroco don Pasin, che raccoglieva tutti e si faceva carico di ogni situazione. In questo, don Ferdinando era inimitabile: generoso e coraggioso. Era però altrettanto impulsivo: e senza che lui lo pensasse, era proprio la sua persona a costituire per gli altri la fonte di rischio maggiore.

 "Era una mattinata di primavera del 1944 - racconta C.M. forse i primi giorni di giugno.

Quel giorno a Caerano, dove ero sfollata con la famiglia, una donna che lavorava in canonica aveva bussato al nostro balcone all'alba: "I tedeschi... ci sono i tedeschi in canonica, hanno fermato don Camillo e don Ferdinando. Ora arriva anche don Arduino e scenderanno i ragazzi per la cerimonia (era in programma la prima comunione). Qualcuno deve andare ad avvertirli". Ci andò spontaneamente la giovane C., sulla spinta di "esaltazione, incoscienza e coraggio"; e munita, come possibile scusa verso i tedeschi, di "una bottiglia verde per prendere il latte". Un candido trucco che funzionò miracolosamente più d'una volta, con andate e ritorni alternativi, a bottiglia piena o bottiglia vuota.

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