Nelle note preziose di Maria è riportato, in riferimento all'anno 1939 che "oltre che cappellano di San Martino, gli avevano dato l'incarico di scuola di Religione, alle professionali e medie".

Lo vediamo infatti nelle foto di gruppo ufficiali, con il preside e i colleghi, in mezzo a scolaresche di pinocchietti in divisa da Balilla: lui sempre uguale, composto, disponibile. Una "carriera" che forse, nelle intenzioni di chi gliela propose, doveva fare da correttivo alla tumultuosità dell'esperienza sanamartiniana; e che invece costituì sempre l'altro aspetto della stessa medaglia.

Ad ogni modo la scuola non fu mai, per Arduino, una carriera: fu molto di meno sul piano pratico (piuttosto un impiego per vivere!), e molto, immensamente, di più sul piano del servizio. Specialmente da quando, nel dopoguerra, approdò all'Istituto Magistrale, che lasciò solo qualche mese prima della morte. Come a San Martino, o più che a San Martino, ne era pian piano quasi divenuto un'istituzione: e anche ciò servì da alibi per lasciarvelo senza altre possibilità di cambiamento.

A valutare le cose coll'esperienza di poi, sono sicuro che l'assegnazione di don Arduino all'insegnamento nelle Magistrali sia dipesa dal fatto che quell'istituto era già allora prevalentemente femminile. E per una `forzatura' non priva di superficialità, negli ambienti ecclesiastici trevisani don Faccin era gradualmente inquadrato nella figura del prete adatto a seguire l'apostolato in campo femminile: il che comportava, come sottinteso, un giudizio chiaramente riduttivo. E anche a questa riduttività si volle costantemente tenerlo legato. Non a caso in quegli stessi anni egli ricevette anche l'incarico di religione alle classi magistrali e liceali dell'istituto canossiano: monache e ragazzine anche là.

Povero prete di campagna! Povero cappellano di San Martino! Ecco che "nel mezzo del cammin di nostra vita" gli veniva confezionato un bell'abitìno di catechista, con il suggerimento di adattarsi stabilmente a una parte per la quale sembrava che egli avesse `le physique du róle': un po' compunto, un po' ascetico, molto gentile e delicato. Problemi veri, in fondo, con le buone

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ragazzine di quel tempo non ce ne dovevano essere! Di sovrappiù - se lui proprio ci teneva - erano disponibili anche funzioni da nessuno ambite, collaterali nel panorama delle attività di apostolato femminile, allora quasi interamente concentrate nell'Azione Cattolica.

Così don Faccin fu anche assistente della F.A.R.I. (federazione artistico-ricreativa italiana: chi se la ricorda più!), adatto ad accompagnare stuoli di signorinette, su camion traballanti 1947, a qualche festa foraniale o a qualche trattenimento teatrale tutto in chiave femminile: vedere la foto!

Così per la stessa via gli si assegnò di buon grado l'assistenza della neonata associazione delle guide (variante femminile dello scautismo, con doppia traccia di stravaganza e inconsistenza: in quanto femminile e in quanto scaut!); tutto per la buona ragione di base che don Arduino non brigava per altri incarichi, non era ambizioso, era ben accetto alle giovani cattoliche, quindi adatto al compito fondamentale di "tenerle buone".

Ci si compatisca l'involontaria ma amara ironia che emerge da questa verità. Ogni passo che don Arduino faceva verso il mondo `secondario' dell'apostolato femminile, corrispondeva un calo delle sue azioni personali presso l'ufficialità ecclesiastica trevisana: e non si intende dire presso il vescovo, che era allora quell'autentico e paterno pastore che fu Mons. Mantiero; bensì presso tutto l'apparato clerico-organizzativo, allora pervaso da un attivismo di zelo e di conquista che non conosceva limiti, e che stiamo ancora pagando caro.

Don Arduino, per sensibilità e dignità personale, fu sempre e totalmente estraneo a queste forme di prevaricazione: perciò fu prima compatito, quindi emarginato. Perchè lui era quello portato a far le cose "gratis": non solo "gratis" per sè, ma "gratis" per la Chiesa, la quale - come Egli era intimamente persuaso - non può attendersi frutti di vera conquista che non sia discreta e interiore.

Questo fu il suo metodo e, se vogliamo, il suo segreto: e entro tale "metodo segreto" va fatta una parte preponderante

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