(come già lo era dell'AGI) si arrivò intorno al 1950 per opera diretta dei due suoi confratelli già impegnati con noi: il primo era lo stesso don Onisto, che ricorda di avere introdotto egli stesso don Arduino, riluttante, nella responsabilità dello scautismo ASCI, invitandolo ad accettare in sua vece l'incarico di Assistente di Zona. L'altro prete, la cui figura è impossibile dimenticare, e che per primo - in situazioni precarie - ci rappresentò in ambito cattolico, fu il generoso ed aperto don Angelo Campagnaro: un amico autentico degli Scauts, sacerdote di umanità incontenibile. Fu appunto alla sua successione che fu provveduto con la chiamata di don Arduino. E questa diventò subito per lui una scelta definitiva, sebbene abbia poi conosciuto - come tutte le situazioni vissute da don Faccin le revoche e gli spostamenti che sempre si sono giocati sulla sua persona. Con le Scolte o con i Capi o con i Rovers, egli restò prete scaut fino alla fine: come se fosse nato con quella vocazione. Il suo nome associativo (quanti se lo ricordano?) era "Soffio di vento", con l'immagine di un ramoscello scosso dalla brezza, ma che dantescamente vi resiste. A questo punto - fatta la cronistoria - spero di interpretare l'animo di chi visse con don Arduino l'esperienza scautistica, se mi esonero dal citarne aspetti, momenti ed episodi, fra i quali sarebbe impossibile operare distinzioni. Che cosa ricordare, infatti? Le messe al campo, le feste di San Giorgio, le Promesse, le Partenze, le Tavole Rotonde, i Capitoli, le marce. O invece la direzione spirituale ferma e discreta, la funzione di consigliere e di garante che egli svolse in campo religioso? O ancora il sostegno (per lui, più che per noi, pericoloso) assicurato tenacemente alla nostra intransigente, autonomia, alla nostra anche imprudente polemica verso tutte le forme di irreggimentazione da cui ci sentivamo insidiati? Noi sentivamo che egli capiva in pieno la bellezza della no 36 [esci] |
stra coerente posizione e che misurava per intero tutto il valore dirompente del messaggio formativo scaut: e io so ora che anche per questo servizio gli fu presentato il conto al negativo. Perciò non mi sento di fare alcuna aggiunta propagandistica al significato della sua presenza nel movimento. Mi sento, anzi, di commentarla in maniera "laica"; quasi dal di fuori: persuaso come sono che questo "fuori" fa tutt'uno con la profonda motiva¬zione umana e religiosa che nutrì la disponibilità di Arduino ad essere prete nelle nostre file. L'idea che mi sono formato è appunto quella del compendio: lo scautismo come sintesi di tutte le opzioni che don Arduino Faccin fece nel corso della sua vita; quasi la concentrazione pratica di ciò che rispondeva alla sua vocazione religiosa ed umana. Esemplificherò con una parentesi, per non cadere nell'astratto. Il progressivo impegno (in parte per scelta, in parte per "irretimento"') di don Arduino in compiti diversi da quelli pastorali, che avevano connotato i suoi anni di San Martino, questo coinvolgimento nella scuola e nell'apostolato cittadino, lo alienava in pratica da un'abitudine di vita basata insieme sull'azione parrocchiale e sull'animazione "totale" della gioventù. Via via si stendeva intorno a lui un velo (diciamo così) di "prete spirituale", riedizione fuori tempo del Sanluigino, in contrasto certo con la figura di prete-funzionario che egli aborriva, ma non meno soffocante e artificiale. Cessata l'esperienza attiva di San Martino, per un po' fu sempre a Caerano che Arduino ricorreva come correttivo per ricaricare il proprio bisogno di naturalezza e di calore umano, finchè la casa rimase quello che era. "Veniva a casa ogni settimana un giorno e una notte, il giorno meditava e pregava col breviario e faceva delle passeggiate in mezzo alla campagna... Alla sera, dopo il rosario, a una certa ora il papà veniva con una bottiglia di vino bianco (fatto da lui). Quando apriva la bottiglia, profumava tutta la stanza; don Arduino diceva: questa, papà, ci voleva, fa proprio bene. Tra 37
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