campagna era svelto e sano, ma insieme meno rozzo, più sveglio e più pensoso di loro. Se lo guardiamo nel ritratto di famiglia in divisa di seminarista tredicenne, ne cogliamo nettamente la vivacità degli occhi, la dolcezza del sorriso, (davvero lo specchio dell'anima!) e già quella tendenza all'aspetto smilzo e filiforme che in seguito lo distinse. Nulla infatti richiamava nella sua figura l'origine campagnola: lo si sarebbe detto un tipico rappresentante dell'ambiente cittadino e intellettuale.

Del resto - ci confidava Mons. Arnoldo Onisto, suo compagno di studi e poi vescovo di Vicenza - in seminario Arduino era soprannominato bonariamente dai compagni "San Luigino", per quella serietà accentuata dall'aspetto smilzo, che poteva dar l'impressione (solo l'impressione) di un qualche rapimento ascetico, mentre era solo riserbo, solo sorriso di bontà: dati che in lui sono poi rimasti costanti.

 

La vivacità dell'intelligenza, oltre che la disponibilità verso tutti, fu senz'altro una delle ragioni che fecero distinguere Arduino in paese, da parte delle persone che allora contavano, e fecero concepire l'idea di inviarlo agli studi del seminario; non decisamente a farsi prete, ma a cercare una strada propria e diversa, che poteva anche condurre al sacerdozio.

La sorella Maria ha parole ingenue e toccanti in proposito: "Un giorno venne a casa da scuola e disse alla mamma: " sai che cosa ho detto alla maestra? Che voglio farmi prete " - e la mamma: "che cosa ti ha detto la maestra?" "Che posso farlo benissimo perchè sono bravo, buono e molto intelligente"... La mamma fece un po' di silenzio: "Ma hai pensato a quello che dici? ...alla vita di sacrificio di un prete?..." - lui disse sì. Interviene il papà: "Lascia stare, se il Signore lo chiama seguirà la sua strada". Arduino aveva già parlato con l'Arciprete".

 Ecco dunque i quattro poli della decisione: i due genitori, il parroco, la maestra, tutti convergenti, da esperienze diverse, verso quelle note su cui tutti concordano: impegno, bontà,

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intelligenza, ognuna con il suo risvolto ben presente di sacrificio.

Non c'è dubbio che Arduino fosse di intelligenza acuta. Aveva cominciato la scuola in ritardo per i trambusti della guerra e a undici anni era appena in terza; ma aveva pensieri e ragionamenti superiori. Il parroco trovò la via per accelerare le tappe: mandarlo subito in collegio dai Salesiani a Mogliano in modo da ricuperare le due classi elementari ed entrare direttamente nella prima ginnasio.

 Era il 1923. Così infatti avvenne. Il ragazzo fu accolto nel collegio e passò quindi al ginnasio dopo un anno di impegno fisico e intellettuale intensissimo, che ebbe aspetti quasi strazianti nella separazione dalla famiglia e che trascinò poi per il piccolo certe conseguenze di salute negli anni successivi.

Fu allora tuttavia che in quel contadinello gracile, messo alla prova dell'impegno e dell'isolamento, si manifestò, oltre alle qualità naturali, anche la nota ferma e personale della forza di volontà; peraltro, con una caratteristica tutta sua, che portava questa volontà a coincidere non tanto con la tenacia quanto con la buona coscienza e con lo spirito di sacrificio.

 "La prima volta che papà è andato a trovarlo dopo un mese... quando ha visto il papà si è messo a piangere; il papà voleva portarlo a casa, ma Arduino non ha voluto... la mamma ha scritto subito se il papà doveva andare a prenderlo, ma Arduino ha risposto subito no...".

È sempre Maria che racconta e lo stacco della figura del giovanissimo seminarista dal quadro d'assieme non potrebbe essere più evidente. Ma a noi, che seguiamo dietro queste tracce la vicenda umana di Arduino Faccin non possiamo non riconoscervi anche i segni di quell'isolamento dagli affetti che in uno spirito sensibile come il suo comportò una nota costante, se pur sottaciuta, di afflizione.

 

 

 

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